Liberati: il 25 aprile, le dichiarazioni di Musumeci e la Storia
Un po’ tutti hanno detto la loro sulla “sobrietà” invocata a sproposito da un ministro della Repubblica, Musumeci. Ma si è taciuto sulla sua abissale ignoranza, laddove ritiene che il 25 aprile si festeggi “l’anniversario della fine della guerra civile”. Bisogna prima conoscere la Storia

Liberati: il 25 aprile, le dichiarazioni di Musumeci e la Storia
Un po’ tutti hanno detto la loro sulla “sobrietà” invocata a sproposito da un ministro della Repubblica, Musumeci. Ma si è taciuto sulla sua abissale ignoranza, laddove ritiene che il 25 aprile si festeggi “l’anniversario della fine della guerra civile”. Bisogna prima conoscere la Storia
Liberati: il 25 aprile, le dichiarazioni di Musumeci e la Storia
Un po’ tutti hanno detto la loro sulla “sobrietà” invocata a sproposito da un ministro della Repubblica, Musumeci. Ma si è taciuto sulla sua abissale ignoranza, laddove ritiene che il 25 aprile si festeggi “l’anniversario della fine della guerra civile”. Bisogna prima conoscere la Storia
Sarebbe bello essere liberati dall’ignoranza, che supera la malafede. Un po’ tutti hanno detto la loro sulla «sobrietà» invocata a sproposito da un ministro della Repubblica, Musumeci. Ma si è taciuto (se ne saranno accorti?) sulla sua abissale ignoranza. Laddove ritiene che il 25 aprile si festeggi «l’anniversario della fine della guerra civile».
Non è che Musumeci non abbia mai letto un libro di storia. È che non ha mai letto neanche quelli di autori vicini alla destra ideologica, che appunto lamentano che la guerra civile non si fermò affatto. Musumeci è solo un altolocato rappresentante di quelli che non sanno di che parlano. E commentano le cose che non conoscono sulla base del loro pregiudizio ideologico, compreso quello di cui si sono pentiti e manco sanno perché.
Invece c’è una ragione specifica per cui nel 1946 De Gasperi ebbe quasi unanime consenso nel dichiarare festa nazionale il 25 aprile (1945), in ricordo di quando il Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia (Clnai) chiamò all’insurrezione generale. Solo nel gennaio del 1947 fece il suo viaggio negli Stati Uniti e saggezza voleva che si cercasse di segnalare che l’Italia era stata sì fascista, ma era anche insorta contro il fascismo. Se non capisci questo, sei ministro e vivi in una Repubblica che non conosci e che il 2 giugno 1946 non sarebbe mai potuta nascere.
Il Paese, distrutto, aveva bisogno d’essere pacificato e ricostruito. Per ricostruirlo serviva ricominciare da un qualche zero: il 25 aprile. Per pacificarlo era necessario seppellire il passato, cosa che prese corpo nel giugno del 1946 con l’amnistia (ministro della Giustizia Togliatti, governo De Gasperi). Allora perché sempre le stesse polemiche? Perché dopo il ritorno dagli Usa De Gasperi scaricò i comunisti e prese sulle spalle il bisogno di governare e pacificare. I comunisti non erano contrari a essere scaricati, vollero la centralità del Parlamento e presero sulle spalle il bisogno di ricordare. Colorando di rosso i ricordi. Negli anni i beoti hanno seguito queste contrapposizioni fino ad annegare nell’ignoranza sulla loro origine.
A La Spezia, vicino al lungomare, si trova una grande memoria marmorea di Giustizia e Libertà (i partigiani che non furono comunisti, un gruppo nato dal socialismo liberale di Carlo Rosselli). Su quella si leggono i nomi dei tanti giovani morti per combattere il nazifascismo; sopra vi è scritto: «Civile è solo un popolo che nutre profonda inestinguibile esigenza di libertà». L’ignoranza offende il loro eroismo. Come offende quello dei volontari morti sul fronte opposto, compresi i non pochi giovani fascisti di Salò. Leggere le lettere dei condannati a morte, da una e dall’altra parte, fa impressione per quanto si somiglino: pensavano al futuro. C’è chi aveva torto, non erano tutti uguali, ma l’ignoranza che oggi li vuole diversi in ciò per cui erano simili è intollerabile.
Un’ignoranza senza confini di schieramento, se soltanto si pensa ai sinistri che – ogni anno – montano la gazzarra contro chi ricorda la Brigata ebraica. Che se c’è qualcuno che somiglia ai peggiori fascisti sono proprio quei peggiori supposti comunisteggianti. Ma loro parlano di Gaza, in un boato d’incultura e irrazionalità, senza neanche il senso della cronologia, mentre la Brigata faceva la guerra al nazifascismo. In una Italia che allora fece quello che fanno oggi i ProPal: espresse l’antisemitismo dei falliti, che cercano nella violenza e nell’insulto il riscatto della loro minorità morale e culturale.
Il problema non è avere, come si dice, una “storia condivisa” ma articolare le diverse letture della storia sulla base di conoscenze argomentabili e documentabili. Fra il 1945 e il 1948 l’Italia provò a presentarsi diversa, non senza ipocrisie e oblii sospetti. Chi si ostina a rivendicare e sperare di vendicare le differenze che accompagnarono quello sforzo non veste i panni della reclamata verità storica, ma quelli dell’ignoranza che non riesce a storicizzarsi a causa di un patologico amore di sé. Non ce ne siamo ancora liberati.
di Davide Giacalone
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