Non c’è verso, quando una cosa nasce storta non si riesce a raddrizzarla. Il bonus, oramai detto superbonus 110% è un ipererrore irrimediabile. Congegnato in modo da far cadere il sano conflitto d’interessi fra venditore e acquirente – il primo volendo massimizzare l’incasso e l’altro volendo minimizzare la spesa – s’è messa in moto una diabolica e dissennata convergenza d’interessi a porre tutto in conto allo Stato, laddove una valutazione alta del valore dei lavori da eseguire è conveniente per ambo le parti. Una follia.
Inoltre si potevano subito incassare i soldi girando a terzi il credito nei confronti dello Stato, sicché alla dissennatezza si sono unite le truffe. A quel punto s’è provato a inserire correttivi che arginassero i raggiri ma – non potendo distinguere fra chi sia un imbroglione e chi stia realmente e onestamente operando – s’è finito con l’aggravare gli oneri burocratici per tutti e spostare responsabilità d’accertamento sui destinatari del credito, i quali hanno (saggiamente) smesso di accettarli. Col risultato che si è bloccato tutto.
Al punto in cui siamo giunti non serve la milionesima semplificazione, per giunta scritta in modo incomprensibile e traducentesi in complicazione: serve radere al suolo quel bonus, i cui orrori non stanno sulla facciata ma alle fondamenta.
Il tutto serva d’esempio e lo si rammenti quando un branco d’incapaci pretende di governare facendo politiche che definiscono ‘sociali’ e sono dilapidatorie. Questa non è la prima, è solo la peggio concepita.
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