Contando il contante
Sul limite dell’uso di contante, tema che si è preso la scena ieri nella replica della presidente del Consiglio al Senato, si confrontano da sempre due mondi
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Sul limite dell’uso di contante, tema che si è preso la scena ieri nella replica della presidente del Consiglio al Senato, si confrontano da sempre due mondi
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Sul limite dell’uso di contante, tema che si è preso la scena ieri nella replica della presidente del Consiglio al Senato, si confrontano da sempre due mondi
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Sul limite dell’uso di contante, tema che si è preso la scena ieri nella replica della presidente del Consiglio al Senato, si confrontano da sempre due mondi
Se è vero, infatti, che in Europa gran parte dei Paesi non conosce alcun limite o ne ha di molto alti – si pensi alla Germania, dove ti puoi comprare una casa cash – è altrettanto arduo da sostenere che in Italia un limite elevato (per non parlare di una totale liberalizzazione) finisca per apparire un bell’aiuto alla galassia del “nero“. Se preferite, nessuno è ancora riuscito a dimostrare il contrario.
Storicamente il centrodestra ha sempre contestato questa visione, vivendo il limite all’uso del cash come un’ansia di controllo del cittadino nelle sue piccole attività quotidiane, eccetera. Solo che, andando sempre più verso un mondo digitalizzato e dominato dalle transazioni elettroniche, si fa ogni giorno più arduo individuare un motivo sensato per portare la soglia d’uso del contante a 10.000 €.
A meno di non cercare la ratio dell’intervento annunciato ieri da Giorgia Meloni in un più generale piano di interventi di natura fiscale, in cui gli oggettivi segnali sono di una presenza meno opprimente – diciamo così – del fisco.
Intenzione lodevole di suo, ma che nel nostro Paese finisce inevitabilmente per far rima con aiuto all’immancabile esercito dei furbetti. Quando si annunciano tutti insieme la “tregua fiscale”, un innalzamento brusco del limite all’uso del contante e una rimodulazione dei controlli dell’Agenzia delle entrate è indiscutibile che i primi a festeggiare siano coloro che le tasse le hanno pagate con minore regolarità – eufemismo – o l’Iva versata con entusiasmo relativo. Per tacere di multe e contravvenzioni di varia natura.
In giorni in cui abbiamo fatto un gran parlare di terminologie, anche la scelta semantica della “tregua“ è ampiamente significativa: nessuno vuole sentir parlare di condono, ma l’eventuale cancellazione delle cartelle sino a una determinata soglia o un accordo per il pagamento di una loro percentuale potremo pure chiamarli “tregua“, ma sempre un condono nella sostanza resteranno.
Terreno di scontato e furibondo scontro politico a base di ideologia, ma in fin dei conti ennesima pernacchia a chi con lo Stato è sempre stato in regola per coscienza o per costrizione. E intanto l’esercito di chi se ne impippa aspetta paziente l’immancabile, penultimo condono.
Di Fulvio Giuliani
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