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L’inevitabile compromesso

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Il ritorno in libertà dell’ingegnere iraniano Abedini era la moneta di scambio per il rientro in Italia di Cecilia Sala

Abedini

L’inevitabile compromesso

Il ritorno in libertà dell’ingegnere iraniano Abedini era la moneta di scambio per il rientro in Italia di Cecilia Sala

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L’inevitabile compromesso

Il ritorno in libertà dell’ingegnere iraniano Abedini era la moneta di scambio per il rientro in Italia di Cecilia Sala

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Avviso dedicato agli indignati in servizio permanente effettivo (anche se a targhe alterne): il ritorno in libertà dell’ingegnere iraniano Abedini era nell’ordine delle cose. Era ed è la moneta di scambio per il rapido rientro in Italia dal sequestro di Cecilia Sala, sbattuta in galera per essere utilizzata come arma di ricatto.

Lo sapevamo, come sapevamo che tutto ciò che l’Italia poteva fare – per una questione di immagine e anche di sostanza politica – era evitare la contemporaneità dello scambio fra la giornalista e l’ingegnere. Obiettivo raggiunto, per quanto ovviamente subordinato al vero e unico risultato importante: il rientro a casa della giovane inviata.

Tutti trattano, anche i Paesi che dicono di non trattare trattano. Quando ne hanno bisogno, lo fanno fare a Paesi terzi, attività in cui proprio noi siamo piuttosto abili, grazie a una rete di rapporti intessuta nei decenni che può sempre tornare utile alla nostra causa e anche quella dei nostri alleati. Nessuno può fare il fenomeno, tantomeno quando si tratta di soccorrere connazionali in pericolo di vita.

Quindi, anche se non ci speriamo molto, cerchiamo di evitare ipocriti e pelosi balletti su quanto abbiamo ceduto alla teocrazia iraniana. Basterebbe pensare all’alternativa per non cominciare neppure certi ragionamenti.

Così come, con eguale fermezza, il contrasto a quel regime liberticida e assassino non può che continuare con tutte le armi a nostra disposizione. Armi economiche e democratiche, si intende.
Perché la necessaria e inevitabile trattativa per salvare Cecilia Sala non ci farà mai dimenticare con chi abbiamo a che fare e cosa sono capaci di fare in quel Paese sottoposto a tortura quotidiana.

A ricordarcelo, ove fosse necessario per qualcuno particolarmente distratto, la condanna a morte confermata proprio ieri alla dissidente di etnia curda Pakhshan Azizi in carcere dal 2023. Donna per cui la voce si alza solo da questa parte del mondo, mentre solo dall’inizio del nuovo anno 40 persone sono già finite impiccate in Iran. Uno scempio immane.

Di Fulvio Giuliani

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