Dei pericoli e paradossi della cancel culture ci siamo più volte occupati, sottolineando il rischio di trasformare in una macedonia impazzita l’analisi storica. Domani e dopodomani si terrà a Roma il G20 e il governo ha deciso di organizzare le riunioni dei grandi all’Eur, il quartiere trionfo del razionalismo di era fascista, pensato per l’Esposizione universale di Roma del 1942, mai tenutasi a causa del conflitto mondiale.
La scelta non è per nulla piaciuta al “Washington Post”, bandiera dell’America liberal. Secondo il giornale, l’area che nelle intenzioni di Benito Mussolini avrebbe dovuto celebrare i fasti del ventennio è uno sfondo «ben strano» per il G20. E pazienza se l’Eur è da ottant’anni un semplice quartiere residenziale e di uffici della capitale, dotato di una rete viaria ineguagliata nella Roma moderna. Per tacere del suo valore architettonico e artistico, riconosciuto a livello mondiale. A far inorridire il “Washington Post” sono le effigi del ventennio, come il bassorilievo raffigurante la figura del duce.
Dovremmo pur saper distinguere l’inappellabile giudizio storico dalla pura testimonianza di quello che fu. Del resto, opere simili sono visibili anche nella stazione centrale di Milano (ma non ditelo al “Post”). Ciò che risulta intollerabile, però, è lo sprezzante giudizio sul Palazzo della Civiltà italiana, il cosiddetto “Colosseo quadrato”: definito dagli americani «degno del regime della Corea del Nord». Eh no, il compagno Kim un palazzo così lo avrebbe progettato a forma di missile.
di Giulio Carta
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