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L’Italia degli Insegno

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Il manifesto è Pino Insegno, attore-feticcio di Fratelli d’Italia, che ormai passa le giornate a ricordare quanto fosse stato ostracizzato nel recente passato

L’Italia degli Insegno

Il manifesto è Pino Insegno, attore-feticcio di Fratelli d’Italia, che ormai passa le giornate a ricordare quanto fosse stato ostracizzato nel recente passato
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L’Italia degli Insegno

Il manifesto è Pino Insegno, attore-feticcio di Fratelli d’Italia, che ormai passa le giornate a ricordare quanto fosse stato ostracizzato nel recente passato
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Vendetela. Privatizzatela. La Rai, ovviamente. Non accadrà mai, tranquilli. Nessuna maggioranza, nessuna coalizione, nessun partito si sognerebbe mai di rinunciare alla possibilità di incidere sui destini della televisione di Stato. Come su tante altre questioni – anche ben più serie e di cui abbiamo recentemente scritto come l’assetto costituzionale dello Stato – si procede con le parti in commedia. Con la recita a soggetto, a seconda che si sia al governo o all’opposizione. C’è qualcosa di profondamente comico (o tragicomico) in questo ripetersi di accuse reciproche sempre uguali: chi vince, assicura che finalmente alla Rai trionferà la libertà, per programmare due secondi dopo il consueto valzer di poltrone, direttori, conduttori, reti e amici da piazzare. Chi perde, dopo aver assicurato sino al giorno precedente le stesse cose e aver scrupolosamente distribuito cariche e conduzioni a proprio uso e consumo, comincia e starnazzare contro il “regime” e la libertà soffocata. E via così, con un fantasmagorico sottobosco di starlette, star, presunte tali e autodefiniti epurati (dai precedenti potenti), pronti a lanciarsi su uno spicchio di celebrità come un branco di piranha. Il manifesto di questi giorni è Pino Insegno, attore-feticcio di Fratelli d’Italia, che ormai passa le giornate a ricordare quanto fosse stato ostracizzato nel recente passato (non ha inventato nulla, molti altri si sono ritagliati questo ruolo di vittime ora dell’una, ora dell’altra parte) e quanto oggi sia destinato a lavorare in Rai perché bravo e non “amico di Giorgia meloni“. Il tutto dai palchi delle manifestazioni del partito di maggioranza relativa. Così in tanti pensano esattamente l’opposto: in questo Paese ce la fai solo se sei amico di quello giusto al momento giusto e la bravura non conta nulla. Ragionamento non privo di un fondo di amara verità, ma che portato agli estremi alla Insegno diventa un manifesto della raccomandazione come sistema di vita. Francamente non il massimo anche per la sua immagine. Non risolverebbe tutto, ma di sicuro la privatizzazione massiccia, l’obbligo di confrontarsi con il mercato e non con i vincitori del momento gioverebbe immensamente alla Rai. Non accadrà, perché assumere il controllo della macchina della Tv pubblica, dell’informazione, poter incidere anche su show e momenti di svago – si pensi alle furibonde polemiche sul Festival di Sanremo – è vitale per una politica ossessionata dal consenso e convinta che quasi tutto si possa ottenere con una poltrona donata alla persona giusta al momento giusto. Come fa balenare Pino Insegno. di Fulvio Giuliani

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