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L'Italia di Giorgia Meloni

L’Italia di Giorgia

Il commento di Fulvio Giuliani, il giorno dopo le elezioni politiche 2022 che vedono una schiacciante vittoria indiscutibile di Giorgia Meloni.
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L’Italia di Giorgia

Il commento di Fulvio Giuliani, il giorno dopo le elezioni politiche 2022 che vedono una schiacciante vittoria indiscutibile di Giorgia Meloni.
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Il commento di Fulvio Giuliani, il giorno dopo le elezioni politiche 2022 che vedono una schiacciante vittoria indiscutibile di Giorgia Meloni.
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Il commento di Fulvio Giuliani, il giorno dopo le elezioni politiche 2022 che vedono una schiacciante vittoria indiscutibile di Giorgia Meloni.
La vittoria è totale, indiscutibile, travolgente e ha un solo nome e cognome: Giorgia Meloni. Qualsiasi discorso, che pure abbiamo sentito azzardare, sul non aver superato il 30%, non aver sfondato limiti e tetti di cristallo – non era quello della prima donna presidente del Consiglio? – e compagnia giustificante non regge neanche un minuto. All’alba di questo lunedì 26 settembre 2022 non c’è nessun altro partito, con l’eccezione del Movimento Cinque Stelle, a poter accampare un reale motivo per dire di aver vinto. Il centrodestra trionfa solo e unicamente grazie all’affermazione di Fratelli d’Italia e della più che probabile futura premier, mentre la Lega di Matteo Salvini affonda miseramente sotto il 10% e rischia di non arrivare al 9. Forza Italia evita l’irrilevanza, ma manca per un soffio l’obiettivo dichiarato dal Cavaliere, vale a dire superare proprio i leghisti. Quella di Giorgia Meloni sulla coalizione è un’Opa andata a buon fine, il governo non potrà che essere a traino, marca e modello Fratelli d’Italia, con una golden share di Silvio Berlusconi. È un fatto politico, che permetterà a Forza Italia di sorridere questa mattina, ma parliamo di un peso equilibratore, di una presenza dell’area moderata fondamentale nei numeri sia alla Camera che al Senato (anche se dobbiamo aspettare la ripartizione definitiva dei collegi), ma pur sempre di un partito tenuto a fare i conti con la realtà. I numeri dicono poco più di un quarto dell’alleato. Significa contare, come si accennava, ma avere scarsissimi margini per tenere sulla corda il partito di maggioranza relativa. Quanto alla Lega, presto partiranno i regolamenti di conti politici con Salvini. È escluso che Giorgetti, Fedriga e Zaia possano tollerare una debacle del genere e di essere stati doppiati in Lombardia e Veneto da Fratelli d’Italia e superati persino dal cianotico Pd. A proposito del Partito democratico, è stato condotto a un sonoro, inevitabile e scontato rovescio da un leader votato alla sconfitta sin dalle lunari parole all’inaugurazione della campagna elettorale. Lo notammo all’epoca e non possiamo che confermare e amplificare il giudizio, dopo una prova oltre l’incolore. Il Pd ha mostrato una totale incapacità di intercettare gli umori del paese, di intuire su quali armi puntare per contrastare un avversario fortissimo e sulla cresta dell’onda, dando la sgradevole sensazione di poter al massimo gestire la sconfitta. Un piccolo cabotaggio disarmante e sconsolante. Il Movimento Cinque Stelle, come si accennava, è l’unico altro partito che ha tutti i motivi per esporre le bandiere alle finestre. Su quei vessilli farebbe bene a scrivere solo e soltanto “reddito di cittadinanza”. Il M5S si è ormai definitivamente trasformato in un partito del Sud e in particolare dell’assistenzialismo più sfrenato e dichiarato. È una vittoria per Conte, ma resta una vittoria di Pirro per l’Italia.   di Fulvio Giuliani

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