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L’Ue e la necessità di una difesa comune

L’Unione europea deve accelerare sulla difesa comune. La deterrenza militare, infatti, è uno strumento indispensabile nelle crisi internazionali.
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L’Ue e la necessità di una difesa comune

L’Unione europea deve accelerare sulla difesa comune. La deterrenza militare, infatti, è uno strumento indispensabile nelle crisi internazionali.
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L’Ue e la necessità di una difesa comune

L’Unione europea deve accelerare sulla difesa comune. La deterrenza militare, infatti, è uno strumento indispensabile nelle crisi internazionali.
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L’Unione europea deve accelerare sulla difesa comune. La deterrenza militare, infatti, è uno strumento indispensabile nelle crisi internazionali.

L’ex presidente della Commissione europea Romano Prodi – uno dei protagonisti politici che più hanno spinto, in passato, per l’allargamento a Est dell’Ue – oggi è convinto che solo un accordo fra gli Stati Uniti e la Cina possa porre fine alla guerra russa in Ucraina. Del perché un sincero europeista come Prodi ritenga che una guerra nel cuore dell’Europa e voluta da Mosca possa essere pacificata soltanto da Washington e Pechino più che al realismo politico (che è sempre necessario e che “La Ragione” non perde mai di vista) sembra attenere a una resa. Ovvero alla convinzione che l’Ue non abbia né il peso politico né quello diplomatico necessari per ottenere una tregua. Non siamo d’accordo e siamo preoccupati. Che i confini di casa nostra e dell’Ucraina vengano decisi da un negoziato con Pechino a noi mette i brividi. Perché i confini europei (e l’Ucraina è Europa) riguardano ovviamente la geografia, la sicurezza, le nostre libertà ma anche l’economia, la ricerca, le tecnologie. Il presente e il futuro.

Su un punto il ragionamento prodiano ha però il merito di porre l’attenzione necessaria: sulla difesa comune europea. Di recente Josep Borrell, Alto rappresentante dell’Unione per gli Affari esteri e la politica di sicurezza, è tornato sull’argomento dell’esercito europeo e sui modi per renderlo non solo di facciata ma in grado di intervenire negli scenari di crisi, laddove necessario, per la difesa delle libertà e per il ripristino della pace. «In seguito alla crisi finanziaria del 2008 – ha sottolineato – molti Paesi hanno tagliato le spese per la difesa e ridotto le quote di bilancio destinate alle collaborazioni sugli investimenti per la sicurezza». Borrell ha poi fornito alcuni parametri relativi alle spese militari dei principali Paesi del mondo. «Negli ultimi 20 anni, la spesa complessiva per la difesa dell’Ue è aumentata solo del 20%, rispetto al 66% degli Stati Uniti, a quasi il 300% della Russia e al 600% della Cina».

Questi dati devono far riflettere tutti, anche i pacifisti. La deterrenza militare infatti è uno strumento indispensabile nelle crisi internazionali che sfociano in guerre, per superare le stesse e riportare la pace. È vero che molti Paesi membri dell’Ue hanno un Pil importante e che le spese militari – anche se basse in percentuale rispetto al prodotto interno lordo – hanno, soprattutto per alcune nazioni, un budget comunque non irrisorio. Si tratta adesso di coordinare queste spese, di aumentarle laddove necessario e di arrivare finalmente alla creazione di una difesa comune che disponga di uomini e mezzi. Non è questione d’esser guerrafondai bensì realisti. Mentre il presidente degli Stati Uniti Joe Biden sta valutando, da diversi giorni, se sia il caso di abolire alcuni dazi americani verso la Cina per facilitare un dialogo Pechino-Washington (non certo semplice, visti anche il nodo di Taiwan e le recenti tensioni nel Pacifico), l’Ue deve accelerare sulla difesa comune. È l’unica strada per evitare che in occasione di un prossimo conflitto (che non ci auguriamo e facciamo pure le corna!) un europeista convinto come il professor Romano Prodi possa ripetere ancora una volta che lo potranno far finire soltanto i cinesi e gli americani.

Di Massimiliano Lenzi

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