La polarizzazione che serve. (Soprattutto) A Giorgia Meloni
Le due grandi vincitrici delle elezioni europee, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, fanno di tutto per accreditarsi ancor più come tali
La polarizzazione che serve. (Soprattutto) A Giorgia Meloni
Le due grandi vincitrici delle elezioni europee, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, fanno di tutto per accreditarsi ancor più come tali
La polarizzazione che serve. (Soprattutto) A Giorgia Meloni
Le due grandi vincitrici delle elezioni europee, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, fanno di tutto per accreditarsi ancor più come tali
Le due grandi vincitrici delle elezioni europee, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, fanno di tutto per accreditarsi ancor più come tali
Le due grandi vincitrici delle elezioni europee, Giorgia Meloni ed Elly Schlein, fanno di tutto per accreditarsi ancor più come tali, nonostante l’una sia a capo di un governo di coalizione e l’altra aspiri a creare una coalizione in grado di insidiare la presidente del Consiglio (quando, come, con quali numeri?).
Insomma, entrambe avrebbero più di un motivo di non stressare oltremodo il concetto di polarizzazione, se non altro per non togliere terra sotto i piedi alle loro stesse alleanze. Il problema è che vogliono esattamente quello: coalizioni quanto più vaste possibili – dal loro punto di vista, si intende – ma mai in grado di disturbare realmente il faccia a faccia.
Peccato che il nostro Paese non abbia una legge elettorale in grado di favorire realmente una sfida di questo tipo e che entrambe siano, almeno in teoria, costrette a equilibrare, smussare, cedere e concedere. La polarizzazione, intanto, spinge gli elettori a schierarsi nettamente con una delle due fazioni, riducendo lo spazio per posizioni moderate e compromessi. Questo fenomeno riflette una società italiana in cambiamento, dove le vecchie divisioni politiche lasciano spazio a nuove fratture basate su identità culturali e sociali. Che razza di polarizzazione è allora mai questa?
Azzardiamo una risposta: la migliore possibile per Giorgia Meloni. Elly Schlein è la sua avversaria ideale, una radicale (radical chic) di sinistra, facile da additare come alternativa da evitare a tutti i costi, ma anche troppo eterea, legata a posizioni e ideologie in questa fase storica largamente minoritarie, per fare realmente paura. Non tanto nello ‘scontro diretto’ che non vedrà mai un abisso fra le due, ma soprattutto nelle alleanze. Che alla fine decidono la partita.
Per la sua stessa natura politica e personale, la Schlein mira a imbarcare un po’ tutti, cedendo qui e là, senza dare mai l’impressione di una indirizzo politico definito e a lungo termine. Sin troppo facile da impallinare verbalmente dalla retorica di Giorgia Meloni, tutta a base di governo del fare, praticità, Italia che conta, Italia che pesa, Europa lontana dai cittadini e così andare.
Senza contare che sui cruciali temi di politica internazionale è la presidente del Consiglio a essersi messa in una posizione atlantista iperblindata, con la scelta politica di gran lunga più lungimirante e vincente dei suoi quasi due anni a Palazzo Chigi. Mica poco.
Quanto potrebbe reggere su questi temi una qualsiasi architettura politica della Schlein, con Conte, Verdi, Sinistra, per tacere di Renzi e Calenda? Suvvia
di Fulvio Giuliani
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