Meloni e le ambizioni da pontiera
Meloni prova a entrare nello Studio Ovale il più presto possibile, senza trovare entusiastica fissazione della data. Se non ottenesse nulla senza nulla perdere (lo «zero a zero» auspicato) andrebbe bene

Meloni e le ambizioni da pontiera
Meloni prova a entrare nello Studio Ovale il più presto possibile, senza trovare entusiastica fissazione della data. Se non ottenesse nulla senza nulla perdere (lo «zero a zero» auspicato) andrebbe bene
Meloni e le ambizioni da pontiera
Meloni prova a entrare nello Studio Ovale il più presto possibile, senza trovare entusiastica fissazione della data. Se non ottenesse nulla senza nulla perdere (lo «zero a zero» auspicato) andrebbe bene
Non so se per Trump anche Cristoforo Colombo rientra fra i parassiti europei. In effetti di lui si disse che quando partì non sapeva bene dove andare, quando arrivò non sapeva cosa fare, ma tutto a spese dello Stato. Eppure le tre caravelle dischiusero un mondo, divenuto figlio di quello europeo. Che l’elezione di Trump sarebbe stata un problema, nei rapporti atlantici, era tanto evidente che subito la nostra presidente del Consiglio si propose quale ponte fra le due sponde. La sponda Usa ne ha demolito l’ingegneria. Ora Meloni, novella esploratrice, prova a entrare nello Studio Ovale il più presto possibile, senza trovare entusiastica fissazione della data. Se non ottenesse nulla senza nulla perdere (lo «zero a zero» auspicato) andrebbe bene.
Due nazionalisti si somigliano quando si trovano all’opposizione dei rispettivi governi, potendo scagliarsi contro il multilateralismo e le organizzazioni sovranazionali. Se però si ritrovano a governare contemporaneamente va già bene se non si sparano. Il più forte proverà a fregare il meno attrezzato e non servirà a nulla ricordargli il passato e rimpianto comune sentire. Perché la chiusura e la sopraffazione sono insite nel nazionalismo, sicché è coerente il praticarle.
Quindi la prima cosa da capire è chi sia il più forte. Il primo gradino è facile: nessuno Stato nazionale europeo ha la dimensione per confrontarsi con gli Stati Uniti, imparagonabilmente più forti. Il secondo gradino è scivoloso: gli Usa sono più forti dell’intera Unione Europea in materia di difesa, ma nessuno dei due è in grado di farsi veramente valere se si dovesse rompere l’alleanza. Che, difatti, non si romperà. Il terzo gradino è più stabile: in termini di potenza economica siamo equivalenti e nella battaglia dei dazi gli Usa sono marcatamente dalla parte del torto e l’Ue saldamente da quella della ragione. Il che consente alla seconda migliori interlocuzioni con il resto del mondo. Dove cresce l’antiamericanismo che noi stessi detestiamo, ma che ora si rafforza nel volgare antieuropeismo della Casa Bianca.
In questa condizione – con i soliti e noiosi mestatori che riescono a sostenere che l’Ue è inerte e spaccata perché non ha subito reagito con ruvida forza e che sbaglia tutto perché non negozia senza reagire (non accorgendosi che una cosa è il contrario dell’altra e che negoziare senza reagire è come andare a trattare con Putin senza sostenere l’Ucraina, ovvero la vocazione dei perdenti e degli asserviti) – che va a fare Meloni a casa Trump? Intanto va a prevenire il guaio in arrivo ovvero la visita, non richiesta, del vice presidente Vance. Che viene per il Giubileo, ma è saggio temere provi anche a giubilare, già che ci si trova. In fondo siamo quelli che pagano meno per la difesa. E con le strampalate cose che va sostenendo sulla libertà di espressione potrebbe anche sostenere che l’esistenza della Rai è il segno della dittatura.
Vagli a spiegare la lottizzazione libertaria. Meglio precederlo. Meloni non è così ingenua e si spera che non sia così disperata da supporre di negoziare per l’Italia separatamente dall’Ue. Ma è abbastanza accorta da avvertire che sarebbe un affronto personale se si consentisse di far credere che questo sia possibile e si favorisse un alleato di governo che non aspetta altro che d’essere arruolato. Il quale si troverebbe così intruppato assieme a un presunto alleato dell’opposizione, salvo riproporre il dilemma di ieri. Chi fa il caporale di giornata, Conte o Salvini?
Meloni chiederà di potere riportare in sede europea una qualche apertura. Che le consenta non certo di intestarsi un successo, ma di crescere di peso in quel consesso. Proverà, vanamente, a convincere Trump che è nella comune convenienza. Le foto sorridenti non serviranno a niente e potrebbero essere anche di danno, se viste dal Vinitaly o dal Salone del Mobile. Zero a zero sarebbe accettabile, consentendo a ciascuno di sentirsi vincente nell’evitare il peggio. Sempre che la sincerità non prevalga sull’opportunità.
Di Davide Giacalone
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