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Meloni denuncia l’accordo Ue, ma partita aperta

Giorgia a Meloni ha detto No all’accordo sulle nomine Ue e al vertice di Bruxelles di ieri sera si è astenuta sulla nomina di Ursula Von Der Leyen

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Meloni denuncia l’accordo Ue, ma partita aperta

Giorgia a Meloni ha detto No all’accordo sulle nomine Ue e al vertice di Bruxelles di ieri sera si è astenuta sulla nomina di Ursula Von Der Leyen

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Meloni denuncia l’accordo Ue, ma partita aperta

Giorgia a Meloni ha detto No all’accordo sulle nomine Ue e al vertice di Bruxelles di ieri sera si è astenuta sulla nomina di Ursula Von Der Leyen

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Giorgia a Meloni ha detto No all’accordo sulle nomine Ue e al vertice di Bruxelles di ieri sera si è astenuta sulla nomina di Ursula Von Der Leyen

Giorgia a Meloni ha detto No all’accordo sulle nomine Ue e al vertice di Bruxelles di ieri sera si è astenuta sulla nomina di Ursula Von Der Leyen a presidente confermata della Commissione europea. Sembrerebbe una rottura quasi totale, ma in realtà il compromesso resta l’unica strada, l’unica che abbia un senso anche politico. Oltre che un valore per il Paese e la stessa presidente del Consiglio Giorgia Meloni.

Sia chiaro, non stiamo sostenendo che aver platealmente escluso il capo del governo italiano e dunque il Paese (ricordiamoci che nel Consiglio europeo non siedono forze politiche ma Stati) sia stata una scelta assennata. È parsa più di ogni altra cosa una reazione – quasi un fallo di reazione, concedetecelo – rispetto al catastrofico risultato delle elezioni europee per i leader di Francia e Germania. Se è comprensibile, infatti, riaffermare l’assoluta centralità del Partito popolare europeo (l’unico realmente legittimato a dare le carte), non può certo sfuggire che ad aver fatto di tutto per isolare Giorgia Meloni siano stati i due leader sonoramente sconfitti nelle urne e rappresentanti di due ‘famiglie’ politiche che non possono certo vantare i risultati dei Popolari, che non a caso ieri hanno lanciato un grande amo alla Meloni con il polacco Tusk. Insomma, Macron e Scholz hanno scaricato almeno in parte su Giorgia Meloni le loro esigenze contingenti, ma guardando esclusivamente in casa propria. In particolare, il presidente francese è in piena campagna elettorale per le legislative di domenica e sa di dover gestire in proiezione il rapporto con il Rassemblement National di Marine Le Pen.

Ciò sottolineato, la politica non può essere terreno di offese personali (nel senso che si offende e ci si offende), risentimenti e ripicche e in realtà la stessa mossa di Parigi e Berlino lascia una certa libertà di manovra alla presidente del Consiglio. La pone davanti alla scelta se andare a trattare per il ruolo e il peso dell’Italia o arroccarsi. Il No a Costa e Kallas e l’astensione su Von Der Leyen sarebbe stato questo se la partita fosse finita, ma non lo è: si sposta all’Europarlamento e lì la conferma di Von Der Leyen sarà a voto segreto. Tutto può ancora accadere e all’Italia sarà certamente offerto un ruolo di peso. Con regia del Ppe.

Più che isolata, Giorgia Meloni è chiamata a fare scelte politiche, di quelle che peseranno in futuro.
Non sono certo casuali l’appoggio funzionale, nei tempi e nella sostanza, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e le parole di ieri della stessa Ursula e del già citato Tusk: questi ultimi hanno cercato di mettere una pezza alla mossa Macron-Scholz e lasciano aperta la porta.
Muovendosi con scaltrezza, Meloni può venir fuori molto più forte e presente che non limitandosi a proteste roboanti quanto si vuole, ma del tutto inefficaci nella sostanza.

di Fulvio Giuliani

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