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Migranti in Albania, il governo valuta un cambio di rotta (ma i centri restano)

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Il governo vuole mantenere i suoi centri per migranti in Albania, ma per aggirare la magistratura studia un nuovo sistema di gestione

Migranti Gjader

Migranti in Albania, il governo valuta un cambio di rotta (ma i centri restano)

Il governo vuole mantenere i suoi centri per migranti in Albania, ma per aggirare la magistratura studia un nuovo sistema di gestione

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Migranti in Albania, il governo valuta un cambio di rotta (ma i centri restano)

Il governo vuole mantenere i suoi centri per migranti in Albania, ma per aggirare la magistratura studia un nuovo sistema di gestione

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Il governo non ci sta, vuole i suoi centri in Albania. E se non può averli nella forma attuale (centri di permanenza per le procedure di espulsione accelerate) è disposto a sovvertire le regole. È quanto trapela da indiscrezioni di Palazzo Chigi. Dopo tre “no” consecutivi da parte della magistratura sull’espulsione degli ospiti delle strutture di Shengjin e Gjader, e in attesa del pronunciamento della Corte di giustizia europea sul tema “Paesi sicuri” (previsto il prossimo 25 febbraio), Meloni e i suoi studiano un cambio di paradigma.

Se i campi albanesi non possono essere impiegati per il loro ruolo, allora tanto vale trasformarli in normali Cpr (centri di permanenza per il rimpatrio). Significherebbe trasferire lì tutti quei migranti, soccorsi in mare o già presenti in strutture d’accoglienza in Italia, che non soddisfano i requisiti per l’asilo nel nostro Paese. Oppure potrebbero diventare essi stessi centri di accoglienza. Questo, però, non sarebbe del tutto in regola con gli attuali trattati con Tirana. E dunque il governo, per decreto, sarebbe addirittura pronto a cedere la giurisdizione sui campi (attualmente italiana) all’Albania.

In un vertice previsto per oggi potrebbe essere discusso in maniera più approfondita il nuovo decreto legge. La linea è chiara: Meloni e i suoi vogliono proseguire sul “piano Albania”. Le opposizioni, al contrario, annunciano battaglia.

Di Umberto Cascone

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