Un atto di pura irresponsabilità
L’interesse esclusivo del particolare, nel più assoluto disinteresse per le sorti del Paese. Questa è la crisi di fatto aperta ieri dal Movimento Cinque Stelle
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Un atto di pura irresponsabilità
L’interesse esclusivo del particolare, nel più assoluto disinteresse per le sorti del Paese. Questa è la crisi di fatto aperta ieri dal Movimento Cinque Stelle
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Un atto di pura irresponsabilità
L’interesse esclusivo del particolare, nel più assoluto disinteresse per le sorti del Paese. Questa è la crisi di fatto aperta ieri dal Movimento Cinque Stelle
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L’interesse esclusivo del particolare, nel più assoluto disinteresse per le sorti del Paese. Questa è la crisi di fatto aperta ieri dal Movimento Cinque Stelle
Un atto di pura irresponsabilità, nel pieno di una guerra in Europa, di un passaggio economico-finanziario di rara difficoltà e nel momento in cui nessun partito – lasciamo perdere le coalizioni, che sono solo delle accozzaglie per provare a vincere le elezioni – sembra in grado di architettare una strategia che vada oltre la pura sopravvivenza.
L’interesse esclusivo del particolare, nel più assoluto disinteresse per le sorti del Paese. Questa è la crisi di fatto aperta ieri dal Movimento Cinque Stelle. Una mossa disperata, destinata a passare alla storia come uno degli atti più vigliacchi e autolesionisti della politica che si ricordi: neanche il coraggio di votare contro il governo di cui si fa parte, semplicemente il ‘Movimento’ non voterà la fiducia, scapperà su un Aventino carico di vergogna, lasciando i ministri al loro posto e aspettando che siano presidente della Repubblica e presidente del Consiglio a prendere atto della situazione, mandando il Paese alle elezioni anticipate.
Quando non sia ha più alcun riferimento che non sia una vuota, disperata nostalgia dei bei tempi delle castronerie a costo zero, questo è il risultato: si condanna l’Italia a una campagna elettorale nelle peggiori condizioni possibili, con la peggiore legge elettorale possibile, facendo un regalo gigantesco a tutti quelli che ci vogliono male.
A cominciare – i casi della vita – dal vecchio amico, lo zar di tutte le Russie, che vedrà saltare, dopo Boris Johnson, l’altro grande leader europeo che gli ha sbarrato la strada in tutti modi.
Si lascia l’Italia in balia dell’inflazione che verrà combattuta per un po’ con le cerbottane e della speculazione che non è ‘cattiva’, semplicemente cerca le grandi debolezze in giro per il mondo e ne approfitta.
Questo scempio per cosa? Per guadagnare qualche punto nei sondaggi giocando all’opposizione per tre-quattro mesi e salvare qualche seggio al Senato. Uno spettacolo di pura indecenza al quale Mario Draghi fa benissimo a sottrarsi, con l’aggravante della voce che già circola nei palazzi dei politicanti: se, come possibile con questa sciagurata legge elettorale, dovesse finire con una non-vittoria, proveranno a richiamare proprio lui, Draghi.
L’uomo che nessuno più sopporta, perché banalmente troppo diverso da loro e dai loro giochetti di quarta categoria sulla pelle di noi tutti.
Di Fulvio Giuliani
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