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confronto letta meloni

No al confronto Letta/Meloni. Agcom salva la Rai

Dopo il no al confronto Letta-Meloni, quello aperto a più forze politiche oltre che più spettacolare rispetta la par condicio. Ed è servizio pubblico

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No al confronto Letta/Meloni. Agcom salva la Rai

Dopo il no al confronto Letta-Meloni, quello aperto a più forze politiche oltre che più spettacolare rispetta la par condicio. Ed è servizio pubblico

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No al confronto Letta/Meloni. Agcom salva la Rai

Dopo il no al confronto Letta-Meloni, quello aperto a più forze politiche oltre che più spettacolare rispetta la par condicio. Ed è servizio pubblico

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Dopo il no al confronto Letta-Meloni, quello aperto a più forze politiche oltre che più spettacolare rispetta la par condicio. Ed è servizio pubblico

Il Rosatellum, sistema elettorale sostanzialmente proporzionale, non consente l’elezione diretta del premier e su nessuna scheda elettorale troveremo l’indicazione del candidato Presidente del Consiglio. Perché non esiste. E rincorrere questa finzione in qualche modo finisce per falsare la percezione che si ha della competizione.

La polemica sui confronti in tv, e nello specifico sul fatto che la Rai avrebbe ospitato quello tra Enrico Letta e Giorgia Meloni, relegando tutti gli altri a interviste singole, era dunque sacrosanta. Si era partiti dall’assunto secondo cui Partito Democratico e Fratelli d’Italia fossero le forze più rappresentative di coalizioni opposte. Ed era insostenibile già così. Il nostro non è un sistema bipolare e nessuno può escludere che il M5S o Azione-Iv prendano più voti di tutti gli altri, cosa peraltro accaduta la volta scorsa quando il partito oggi guidato da Giuseppe Conte vinse a mani basse (e nonostante ciò non poté governare da solo per via della stessa legge elettorale con la quale voteremo il prossimo 25 settembre). In questo senso l’Agcom ha fatto chiarezza.

Mai dimenticare, poi, che dal 2000 è in vigore la legge sulla par condicio. Un testo amato, odiato e comunque mai del tutto riformato. La legge stabilisce ‘parità di condizioni’: Giorgia Meloni è uguale a Gianluigi Paragone, Enrico Letta è come Luigi Brugnaro, ovvero i capilista/segretari dei partiti devono avere uguali condizioni per potersi far conoscere dai potenziali elettori. Stabilire a priori chi prenderà più voti di altri è arbitrario, oltreché poco corretto.

C’è, infine, il tema della spettacolarizzazione, che molti mettono davanti a ogni polemica per giustificare le conventio ad excludendum, nel caso del duello Letta/Meloni. Chi lo dice che un confronto all’americana non sia più appetibile di un noioso scambio di battute tra due leader, peraltro abituati a non pestarsi mai troppo i piedi? A questo punto se si vorrà (dovrà) ristabilire il quadro si potrebbe mettere in scena l’idea del confronto a 4 chiesta a suo tempo da Carlo Calenda: Letta, Conte, Meloni e appunto Calenda. C’è da scommettere che ne verrebbe fuori un dibattito scoppiettante e ricco di spunti. Da un lato il confronto a quattro sarebbe più rappresentativo, dall’altro è certamente più ‘televisivo’. Tenuto conto che il sistema elettorale ci metterà davanti due schede – Camera e Senato – ricche di nomi e simboli, non si comprende per quale motivo nelle nostre tv si debbano ritrovare due leader soltanto.

C’è infine il tema di cosa sia Servizio pubblico, che per la Rai resta un tema dirimente. E basterebbe tornare alla par condicio. In realtà una tv pubblica che sta facendo passi da gigante anche sul tema della modernizzazione, e nel digitale in particolare, non può continuare ad assecondare vecchi e convenzionali riti che fanno sponda a una politica incapace di autorinnovarsi, ma che come sempre è fin troppo concentrata nel suo istinto di autoconservazione. Il riflesso condizionato nel tentativo di limitare il confronto tv del 22 settembre ai soli due leader dei (presunti) principali partiti sarebbe stata la dimostrazione plastica di tutto questo. Mai come questa volta dovremmo scimmiottare gli Usa – cosa che ci piace sempre tanto! – portando sul proscenio tv quanta più offerta politica tutta insieme: candidati in piedi (quindi scomodi), pubblico vero, schema scandito dal tempo e con domande incrociate anche tra leader. Uno spettacolo televisivo vero. Ebbene, con un sistema elettorale non particolare amato e dopo il sanguinoso taglio dei parlamentari la Rai (e la politica) devono al pubblico (e agli elettori) decisamente qualche sforzo in più.

di Gennaro Pesante

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