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No Meloni Day, la resistenza è stata fraintesa

Il No Meloni Day. Si chiama così la marcia a cui aderiranno alcuni studenti il 19 novembre. Dicono si tratti di resistenza, ma quella vera ci ha dato in eredità la democrazia, che significa prima di tutto rispetto della volontà popolare.
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No Meloni Day, la resistenza è stata fraintesa

Il No Meloni Day. Si chiama così la marcia a cui aderiranno alcuni studenti il 19 novembre. Dicono si tratti di resistenza, ma quella vera ci ha dato in eredità la democrazia, che significa prima di tutto rispetto della volontà popolare.
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No Meloni Day, la resistenza è stata fraintesa

Il No Meloni Day. Si chiama così la marcia a cui aderiranno alcuni studenti il 19 novembre. Dicono si tratti di resistenza, ma quella vera ci ha dato in eredità la democrazia, che significa prima di tutto rispetto della volontà popolare.
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Il No Meloni Day. Si chiama così la marcia a cui aderiranno alcuni studenti il 19 novembre. Dicono si tratti di resistenza, ma quella vera ci ha dato in eredità la democrazia, che significa prima di tutto rispetto della volontà popolare.
Un amico, pochi giorni fa: «Sai, sono preoccupato. Mia figlia ieri ha partecipato a un’assemblea preparatoria per la marcia che gli studenti faranno il 19 novembre». «Di che ti preoccupi?» gli rispondo, cercando di rassicurarlo. «È normale, sono giovani. Guarda, all’età di tua figlia, tra il 1968 e il 1972, ne ho viste di tutti i colori. E lì fioccavano sprangate, manganellate e insulti a pioggia». «Sì, ma questa marcia si chiama No Meloni Day. Ora, io sono un liberale, non ho votato la Meloni e nemmeno Letta, figurarsi Conte e grillini vari…». «Tranquillo, è la democrazia. Comunque, sappi che molti di quegli studenti non scenderanno in piazza e andranno a scuola o studieranno a casa; altri fingeranno di andarci e coglieranno l’occasione per una sempre sana pomiciata in un parco; una minoranza andrà per le strade con bandiere, cartelli, i vecchi tazebao (nel 1968 c’era però sempre qualcuno più bravo degli altri in calligrafia e non sbagliavano i congiuntivi come certi pseudo rivoluzionari di oggi). Visto che a quanto mi dici tua figlia è brava e prende sempre buoni voti, andrà all’università e poi entrerà, anche lei, a far parte del sistema. Del resto, quanti top manager, dirigenti di importanti aziende, celebri avvocati e famosi giornalisti in quegli anni, da studenti, alzavano il pugno chiuso al grido di Lenin, Mao, Ho Chi Minh e via dicendo?». Non so se l’amico si sia tranquillizzato. Anche all’epoca non conoscevamo, pur rivendicandolo, il concetto di democrazia. Piaccia o meno, gli italiani hanno votato e ora tocca alla maggioranza dimostrare di saper governare. Alcuni studenti rivendicano una scuola antirazzista e antisessista. Vogliono organizzare la resistenza. Non quella in montagna, di quanti misero a repentaglio la loro giovane vita per poter consentire a noi, loro nipoti, di marciare per le strade dicendo magari delle sciocchezze. Un piccolo ma significativo particolare, ritornando all’amico di cui sopra: la figlia è di colore come la madre, fuggita da un Paese dell’Africa teatro di una delle più feroci guerre civili che la martoriata storia di quel Continente abbia mai vissuto. Dove la parola Resistenza è colorata dal sangue di migliaia di vittime e la democrazia non sanno cosa rappresenti. Bene, il padre della ragazza è preoccupato. La madre, vi assicuro, molto ma molto incazzata. Comunque, marciate pure ragazzi, la democrazia ve lo consente. Di Andrea Pamparana

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