Nordio e la riforma della giustizia
Nordio e la riforma della giustizia
Nordio e la riforma della giustizia
Quando l’irragionevolezza dilaga è segno che la politica e la comunicazione stanno confondendo le acque. L’Istituto Piepoli ha sondato l’opinione pubblica su “La riforma della giustizia”: è favorevole il 42%, che arriva al 62% fra chi vota a destra e scema al 25% fra chi vota a sinistra. Hanno sondato il caos. Che ha autori e finalità. La giustizia italiana è la peggiore d’Europa, ergo qualsiasi persona ragionevole dovrebbe essere favorevole a farla funzionare meglio. Ma, dall’altra parte, dire di volerla “riformare” significa poco e nulla. Quindi ci si divide secondo tradizione: guelfi e ghibellini; Montecchi e Capuleti; destra e sinistra. Poi i guelfi sono divisi fra loro, i due giovani s’innamorano e i due schieramenti sono in continuo lavorio trasformistico. Nulla di innocente.
Fra le cose misteriose, frutto di acque confuse, vi è il vivace dibattito sulla denegata ipotesi di cancellare un reato che nel codice non c’è mai stato, sicché è impossibile cancellarlo. La contestazione penale di “concorso esterno in associazione di stampo mafioso” nasce non da una legge ma da una lettura congiunta, da un “combinato disposto” dell’articolo 110 (concorso nel reato) e 416 bis (associazione di stampo mafioso). Entrambi nel codice penale. L’osservazione del ministro della Giustizia e già magistrato Carlo Nordio è ineccepibile e ingenua: trattasi di ossimoro, perché o sei esterno o sei concorrente. Ribatte Giancarlo Caselli: no, perché sei esterno in quanto “non punciuto” e concorrente in quanto hai aiutato la mafia. Ora, anziché volere indurre all’istituzione dell’albo dei mafiosi, adeguatamente punciuti (ma chi è sicuro che tali siano tutti?), basterebbe descrivere la condotta criminale che s’intende punire. Ovvero inserire, non cancellare. Il che può anche portare a maggiore severità della legge. Non ci ha pensato Meloni, che invita a parlare d’altro e oggi commemora Borsellino? Ma la risposta di Nordio è ingenua, perché è cascato nella trappola di parlare di un tema suggestivo ed estraneo al programma di governo e alle riforme annunciate.
Qui è il nocciolo: le acque si rimestano per fermare tutto. Che non è una roba de sinistra, ma reazionaria e corporativa. Facciano attenzione, gli elettori de sinistra e i loro gruppi dirigenti frastornati. Il tema vero è l’annunciata separazione delle carriere. Con il vantaggio retorico che Giovanni Falcone era a favore, non a caso reietto dalla pressoché totalità dei colleghi magistrati. Se i riformatori rinunciano a usare questi argomenti hanno già perso. Come il citato sondaggio dimostra.
Nordio sta commettendo un errore, perché se parte con un’anticipazione di riforma, su cose oggettivamente minori, per poi farsi trascinare in dibattiti in cui lui prova a portare dottrina e gli altri l’accusano di favorire la mafia (roba dell’altro mondo!) – talché la presidente del Consiglio lo invita a concentrarsi su altro – la sorte della riformina sarà quella del marlin che il vecchio Santiago pesca nel mare di Hemingway: prima d’arrivare in porto ci resta la lisca. Dopo di che avrà una sola strada: le dimissioni con sconfitta indignazione.
Onde evitare questa mesta conclusione, farà meglio a non lasciarsi distrarre e a surriscaldare la frescura autunnale presentando il disegno di legge costituzionale che contiene la separazione delle carriere, la cancellazione dell’obbligatorietà dell’azione penale e la riforma del Consiglio superiore della magistratura. Succederà un pandemonio, un PandeNordio, ma nessuno potrà suggerirgli di parlare d’altro, essendo quello che è stato annunciato in Parlamento.
Portando in tavola il piatto forte del pasto democratico eviterà che le divisioni siano senza sugo e sostanza – fatte soltanto di destra e sinistra – al tempo stesso indicando un sistema che va tutto nel senso della piena autonomia di chi giudica, ovvero nello schema della civiltà europea. Non è escluso vada male e che alle dimissioni si giunga ugualmente. Ma sarebbero una sfida, non una presa d’atto della cantonata.
di Davide Giacalone
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