Nuovi equilibri geopolitici: perché l’Italia merita chiarezza.
Mai come adesso è importante che l’Italia prenda una posizione netta alla luce dei nuovi scenari geopolitici, con la Russia che parla di terza guerra mondiale e una Cina troppo ambigua. La nostra vocazione deve essere atlantista ed europeista, ne va del nostro futuro.
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Nuovi equilibri geopolitici: perché l’Italia merita chiarezza.
Mai come adesso è importante che l’Italia prenda una posizione netta alla luce dei nuovi scenari geopolitici, con la Russia che parla di terza guerra mondiale e una Cina troppo ambigua. La nostra vocazione deve essere atlantista ed europeista, ne va del nostro futuro.
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Nuovi equilibri geopolitici: perché l’Italia merita chiarezza.
Mai come adesso è importante che l’Italia prenda una posizione netta alla luce dei nuovi scenari geopolitici, con la Russia che parla di terza guerra mondiale e una Cina troppo ambigua. La nostra vocazione deve essere atlantista ed europeista, ne va del nostro futuro.
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Mai come adesso è importante che l’Italia prenda una posizione netta alla luce dei nuovi scenari geopolitici, con la Russia che parla di terza guerra mondiale e una Cina troppo ambigua. La nostra vocazione deve essere atlantista ed europeista, ne va del nostro futuro.
La politica estera è l’essenza stessa dell’arte di governare e posizionare un Paese perché condensa in sé gli aspetti ideali – che riguardano la guerra e la pace, le libertà, le democrazie e le tirannie – e quelli economici, ovvero gli interessi materiali di una nazione e della sua comunità. Per questo motivo oggi l’Italia deve aver chiaro (e a noi pare che il presidente del Consiglio Mario Draghi ce l’abbia chiarissimo) da che parte stare e muoversi di conseguenza nei fatti.
Il posto dell’Italia è atlantico ed europeo. Storicamente il nostro Paese deve la propria fortuna economica e di libertà e democrazia – dopo il Ventennio fascista, la sciagurata alleanza con la Germania di Adolf Hitler e la sconfitta nella Seconda guerra mondiale – alla sua appartenenza al mondo libero occidentale e al ruolo degli Stati Uniti, con la scelta atlantica di Alcide De Gasperi, cui sul finire degli anni Cinquanta si è aggiunta la progressiva integrazione europea diventata poi Unione. Nella guerra di Vladimir Putin in Ucraina, tra Mosca e Kiev la scelta del nostro Paese non poteva quindi che essere lo schierarsi con la seconda. Dalla parte degli invasi e non degli invasori. Delle libertà e non dell’autoritarismo. Questa scelta di politica estera, ovviamente, porta con sé anche delle conseguenze per gli affari e l’economia del nostro Stato. La domanda da porsi, su questioni di portafoglio, è semplice: quali sono oggi gli interessi dell’Italia? La risposta non è difficile: principalmente garantirsi l’approvvigionamento energetico necessario a sganciarsi definitivamente dalla dipendenza dal gas russo. Su questa liberazione il nostro Paese è messo assai meglio della Germania, l’Unione europea sta lavorando alle alternative (il commissario Ue Paolo Gentiloni ha parlato di una riduzione dalla dipendenza «da petrolio e gas russi di due terzi entro la fine di quest’anno, per portarla a zero entro il 2027») e per nessuna ragione al mondo avrebbe senso – per gli interessi dell’Italia – decentrarsi dall’asse atlantico e continuare ad aver gas da Mosca. Non lo avrebbe politicamente, perché porterebbe l’Italia fuori dall’asse naturale e storico della sua collocazione internazionale. Non lo avrebbe per una questione di principio: difendere le libertà non è infatti argomento derogabile. E neppure lo avrebbe per ragioni economiche, perché continuare a dipendere dai russi non sarebbe una garanzia di benessere ma semmai di condizionamenti continui, in un provvisorio che diventerebbe definitivo, indebolendo il ruolo e l’autonomia dell’Italia. Per spaventare l’Occidente i russi vanno dicendo, in queste ore, che considereranno ogni attacco sul loro territorio da parte della resistenza ucraina come un attacco della Nato. La Nato non c’entra, sono gli ucraini che si difendono.
I russi han cominciato la guerra e ora cosa pretendono, di poter attaccare solo loro? Suvvia. Del resto che gli interessi, in politica estera, vadano focalizzati bene, al di là della superficie e oltre l’apparenza delle cose, lo dimostra anche la posizione presa ieri dalla Cina dopo le parole pronunciate dal ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov: «Rischiamo – ha detto – la Terza guerra mondiale». A Pechino questa frase non è piaciuta per nulla, al punto che il governo cinese ha subito fatto sapere che non vuole affatto la Terza guerra mondiale, con tanto di appello a trovare un accordo di pace. Pechino, che su Putin e il conflitto in Ucraina ha avuto sinora un atteggiamento diverso dall’Occidente, condito con la retorica dei due Paesi vicini e in buoni rapporti, non vuole scherzi da Mosca e lo sottolinea. In Cina da giorni stanno facendo i conti con il ritorno del Covid e dei contagi, una situazione che ha portato al blocco del porto di Shanghai, vero polmone dell’economia globale, e al rischio concreto di dover fermare pure Pechino. Non è quindi interesse dei cinesi una guerra mondiale e il posizionamento del loro governo è netto.
Altrettanta chiarezza – da Paese libero e non comunista – merita oggi l’Italia, i cui interessi spaziano dal Mediterraneo al ruolo centrale dell’Europa e il cui posto nel mondo non può che continuare a essere atlantista.
di Massimiliano Lenzi
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