Orbán rompe gli equilibri europei
Orbán ostacola gli sforzi dell’Unione europea di muoversi all’unisono nelle sanzioni contro la Russia.
| Politica
Orbán rompe gli equilibri europei
Orbán ostacola gli sforzi dell’Unione europea di muoversi all’unisono nelle sanzioni contro la Russia.
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Orbán rompe gli equilibri europei
Orbán ostacola gli sforzi dell’Unione europea di muoversi all’unisono nelle sanzioni contro la Russia.
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Orbán ostacola gli sforzi dell’Unione europea di muoversi all’unisono nelle sanzioni contro la Russia.
In politica, come a tavola, non si può digerire tutto e in tempi di guerra come gli attuali questa impossibilità a mandar giù bocconi pesanti aumenta. Il gulasch ungherese, ad esempio, comincia a essere immangiabile. Non stiamo parlando della pietanza, che tante spezie aggiunte rendono meno forte e più commestibile nel suo sapore antico, bensì della politica del primo ministro ungherese Viktor Orbán.
In questi mesi gli sforzi compiuti dall’Unione europea per muoversi all’unisono nelle sanzioni alla Russia, dopo l’invasione dell’Ucraina voluta da Vladimir Putin, hanno dato buoni risultati. Sul sesto pacchetto di sanzioni Ue a Mosca però, ecco che a rompere le uova nel paniere è arrivato lui, Orbán. Il motivo? L’Ungheria chiede all’Unione europea di togliere dalla lista dei russi sanzionati il patriarca ortodosso Kirill. E ieri quest’ultimo, devoto filo-putiniano che difende senza se e senza ma l’invasione in Ucraina, è stato cancellato dalla lista dei sanzionati Ue. Mentre Kirill ringrazia Orbán, una considerazione non più rinviabile: così non può funzionare. A dirla tutta, vien quasi da ringraziarlo il primo ministro di Budapest per aver posto un tema che l’Ue, dopo il lodo Kirill all’ungherese, non può rinviare un giorno di più: quello del meccanismo decisionale. Occorre che venga definitivamente archiviata l’unanimità per lasciar spazio alle decisioni prese a maggioranza. L’Ungheria, che anche grazie ai soldi Ue prospera, non può bloccare decisioni il cui stallo finisce inevitabilmente per favorire Mosca. La guerra ha cambiato ogni cosa, la Croazia entrerà nella moneta unica e la Danimarca, con un referendum, si è detta a larga maggioranza favorevole ad aderire alla difesa comune dell’Unione europea. Non è più, dunque, tempo di gulasch da inghiottire a ogni costo bensì di consapevolezza e di cambiamenti.
Del resto che dallo scorso 24 febbraio (data dell’invasione russa in Ucraina) a oggi il mondo sia repentinamente mutato nei suoi rapporti geopolitici, diplomatici, relazionali, economici e commerciali è un fatto che non riguarda solo l’Ue ma tutti. Oggi, a Sochi, il presidente dell’Unione Africana, il senegalese Macky Sall, dovrebbe incontrare il presidente russo Vladimir Putin. Una visita, quella in Russia di Sall, che «fa parte degli sforzi della Presidenza in carica per contribuire a una tregua e sbloccare le scorte di cereali e fertilizzanti, il cui blocco colpisce in particolare i Paesi africani». La notizia ci segnala due cose. La prima: se insiste con il blocco del grano, la Russia rischia di inimicarsi anche quella parte di mondo, tra cui numerosi Paesi africani, che sino a oggi non si è schierata sulla guerra in Ucraina. Il che porterebbe Mosca verso un crescente isolamento internazionale. La seconda: da un lavoro diplomatico per sbloccare appunto il grano fermo nei porti, potrebbe forse avere inizio un primo dialogo su una tregua possibile.
Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov sarà in Turchia l’8 giugno per discutere appunto «di corridoi sicuri» per il trasporto di grano dall’Ucraina. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan non ha mai nascosto, in queste settimane, l’ambizione a far da paciere tra Mosca e Kiev, stando attento anche agli interessi turchi, come la situazione in Siria. Tutto, ancora una volta, è in divenire. Tutto cambia e cambierà ancora. E proprio per questo è il caso che l’Ue la smetta di farsi andar giù il gulasch. Ne ha già inghiottito sin troppo.
Di Massimiliano Lenzi
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