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Parlamentari, assenteismo e assenze

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Parliamo dei parlamentari, tra quelli di collegio e quelli d’Aula, tra assenteismo e assenze e qualche presenza

Parlamentari, assenteismo e assenze

Parliamo dei parlamentari, tra quelli di collegio e quelli d’Aula, tra assenteismo e assenze e qualche presenza

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Parlamentari, assenteismo e assenze

Parliamo dei parlamentari, tra quelli di collegio e quelli d’Aula, tra assenteismo e assenze e qualche presenza

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La matematica non è un’opinione, ma non è sempre vero. I numeri non dicono tutto. Vanno interpretati. Altrimenti si arriva alla conclusione, dopo aver visto la classifica dei parlamentari più presenti e più assenti, che gli uni sono da lodare sempre e comunque e gli altri da condannare senza appello.

E allora cominciamo col dire che i parlamentari si dividono in due categorie: quelli da collegio e quelli d’Aula. Gli uni curano talmente il proprio orticello elettorale da disertare sovente il Parlamento. In omaggio al detto, ripetuto ai novellini dagli anziani, che se si vuol tornare a Montecitorio o a Palazzo Madama bisogna starci il meno possibile. Prendendo buona nota delle esigenze dei loro elettori, si muovono nei Ministeri con disinvoltura. E quando non ottengono soddisfazione, presentano fior di interrogazioni e interpellanze a risposta scritta per squadernarle con orgoglio agli interessati. Come si può pretendere che costoro siano presenti di continuo in commissione e in Aula, magari logorando le corde vocali con discorsi più o meno infiocchettati? Saranno ricandidati perché raccolgono dalle loro parti ampi consensi.

I parlamentari d’Aula si collocano all’opposto. Un caso forse più unico che raro è rappresentato da Elio Vito, un ex radicale approdato alla corte di Silvio Berlusconi. Era costretto da una legislatura all’altra a cambiare aria per non essere preso a pesci in faccia dalla gente, perché nel collegio non si faceva mai vivo. Ma giganteggiava in Commissione, in Aula e nella Giunta per il regolamento. Quando il suo partito stava all’opposizione, era una spina nel fianco del governo e della maggioranza.

Veniamo alle presenze e alle assenze dei parlamentari. Chi è quasi sempre presente onora l’articolo 54 della Costituzione, secondo il quale «I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore». Ma la sola presenza non fa di questi parlamentari modelli da imitare. Le matricole del Pci, caratterizzato da una disciplina di partito di stampo prussiano, per un’intera legislatura non profferivano verbo. Ma erano tenuti alla presenza per ascoltare le parole illuminate dei massimi dirigenti di Botteghe Oscure.

Un buon parlamentare, oltre a essere presente nei limiti del possibile, deve conoscere le regole del gioco. E perciò è tenuto a presentare interrogazioni, interpellanze, mozioni e magari proposte d’inchieste parlamentari. Insomma, deve praticare tutti gl’istituti del sindacato ispettivo. Non ultimo il question time, cioè le interrogazioni a risposta immediata. E deve presentare iniziative legislative che non siano mere proposte di bandiera ma che possano tagliare il traguardo.

L’assenteismo parlamentare è un male antico. Ma si è aggravato da quando i partiti non sono più le quadrate legioni di una volta. Tra le leggende c’è il caso di quel deputato fermato all’ingresso dai commessi perché era così poco assiduo da non essere riconosciuto. Il guaio è che ha trovato imitatori. Luigi Sturzo non voleva accettare la nomina a senatore a vita offertagli da Luigi Einaudi perché non era sicuro – dato il suo stato di salute – di essere sempre presente a Palazzo Madama. Diversi successori non hanno invece esitato a darsi alla latitanza. Un galantuomo come Carlo Azeglio Ciampi sentenziò che i senatori a vita rispondono alla loro coscienza. Ben detto! Ma se non ce l’hanno?

di Paolo Armaroli

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