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Più che familiarizzare con la competizione si resterà in famiglia non votando

Ballottaggi a Roma e Torino. I mariti di Raggi e Appendino scelgono i candidati del centrodestra.
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Più che familiarizzare con la competizione si resterà in famiglia non votando

Ballottaggi a Roma e Torino. I mariti di Raggi e Appendino scelgono i candidati del centrodestra.
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Più che familiarizzare con la competizione si resterà in famiglia non votando

Ballottaggi a Roma e Torino. I mariti di Raggi e Appendino scelgono i candidati del centrodestra.
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Ballottaggi a Roma e Torino. I mariti di Raggi e Appendino scelgono i candidati del centrodestra.
Stucchevolmente, è noto che dietro ogni grande uomo c’è una grande donna. In attesa della palingenesi politico-sociale momentaneamente accantonata causa tracollo di consensi, in casa pentastellata provano a solcare nuove vie. Così succede che, annunciati a gran velocità dalle cronache, i mariti delle ormai ex sindachesse di Torino e Roma, Marco Lavatelli e Andrea Severini, fanno da battistrada per le loro consorti, che mantengono un atteggiamento più riservato come si conviene a figure con ruoli leaderistici, annunciando che loro voteranno eccome nonostante le signore siano rimaste escluse dai ballottaggi, e pencoleranno verso il centrodestra. Forse sono solo suggerimenti o voglia di uscire dal cono d’ombra che mogli così famose per forza di cose in famiglia (e non solo) producono. O forse invece sono segnali neanche tanto subliminali ad amici e avversari: le nostre metà non lo dicono ma noi vi spieghiamo da che parte soffia il vento della vendetta. Ancor più stucchevolmente, com’è risaputo tra moglie e marito nessun dito è adeguato. Ma lasciando da parte l’ironia un problema c’è: e riguarda, appunto, i ballottaggi. Nel secondo turno amministrativo, chi si gioca la carica ha il compito di convincere chi è rimasto appiedato che è meglio votare per lui piuttosto che per quell’altro. Mentre chi non ce l’ha fatta prova a capire cosa sia opportuno fare nonché indicare ai propri aficionados. Qui invece succede che chi ha perso non vuole né cerca apparentamenti col possibile vincitore, e chi compete cerca ma fino a un certo punto, quasi di malavoglia, l’appoggio degli esclusi. Il risultato è che le urne amministrative, già abbondantemente disertate nel primo turno, diventano lande desertiche due settimane dopo. I mariti servono, e chissà se in questo caso saranno determinanti. Fatto sta che secondo i soliti riservatissimi sondaggi, che tuttavia conoscono tutti, pare che il 66 e passa per cento di quelli che a Roma hanno votato Calenda andranno, se non al mare visto la situazione meteorologica, nelle seconde case se ce l’hanno (sono o no pariolini?) e sul divano in mancanza d’altro. Il resto seguirà in gran parte il cuore di centrosinistra. La percentuale di diserzione dei seggi sale o salirebbe a oltre l’80 per cento nel caso degli elettori della Raggi. Il resto… mah, vedere il capitolo consorti (maschi).  C’è qualcosa di inquietante in tutto questo. L’astensione è una malattia che colpisce tutte le democrazie di stampo occidentale, ma se il sentimento di rifiuto a un certo punto tracima, vuol dire che la crisi diventa di sistema (da noi lo è da un pezzo) e rischia di imboccare una strada senza ritorno. Una catastrofe, detto senza retorica. Di Carlo Fusi

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