Astenetevi
Il tema del linguaggio politico non è questione di buone maniere, ma segno del disfacimento della politica e dell’informazione che si crede popolare nell’uso dell’irrisione senza spiegazione

Astenetevi
Il tema del linguaggio politico non è questione di buone maniere, ma segno del disfacimento della politica e dell’informazione che si crede popolare nell’uso dell’irrisione senza spiegazione
Astenetevi
Il tema del linguaggio politico non è questione di buone maniere, ma segno del disfacimento della politica e dell’informazione che si crede popolare nell’uso dell’irrisione senza spiegazione
Il tema del linguaggio politico non è questione di buone maniere, ma segno del disfacimento della politica e dell’informazione che si crede popolare nell’uso dell’irrisione senza spiegazione.
Politica, non è uno scontro ma un convergere di pochezze
Non è uno scontro, ma un convergere di pochezze. E c’è del metodo in questo coinvolgente svilimento, al punto che qualche anima bella (noi compresi) indica come un guaio il diminuire dei votanti mentre ai votati non dispiace. I linguaggi della politica si fanno sempre più estremi non perché aumentino le distanze, ma perché non sapendole riempire di contenuti si cerca di marcarle con parole truci. Ciascuno parla solo degli insulti che riceve, anche in questo uguale ai propri presunti opposti.
La cultura di governo si dimostra soprattutto quando non si è al governo, evitando di inseguire l’estremista della propria parte e di dire quel che ci si dovrà rimangiare. Una cosa è la propaganda, altra la ciarlataneria.
In politica i Parlamenti esistono per cercare e costruire i compromessi
I Parlamenti esistono per cercare e costruire i compromessi, il che comporta una continua contaminazione. Sarebbe impossibile immaginare il blairismo senza il thatcherismo, il clintonismo senza il reaganismo: non perché siano uguali, ma perché nell’uno si evolve l’altro. Il che è possibile poggiando su due pilastri: a. lo sguardo rivolto al futuro; b. il metodo parlamentare. Lì s’è prodotto il guasto.
Gli slogan politici sono sempre più rivolti alla mitizzazione del passato, al recupero di qualche cosa che si sarebbe perduta e che quando c’era – ammesso ci sia mai stata – non generava il tripudio e la soddisfazione che ora si vorrebbero far credere. Per noi italiani c’è una frase rivelatrice, di una stupidità impareggiabile e un oltraggio alla storia: «Con noi (chiunque siano i “noi”) l’Italia torna protagonista nel mondo».
Il parlamentarismo, del resto, è il metodo democratico della ricerca delle convergenze. Sicché ciascuno cerca, nello schieramento antagonista, qualche componente con cui intendersi e dialogare, qualcuno da valorizzare ed eleggere a interlocutore. Ora accade il contrario: cerco il più forsennato, per annullare nelle sue scempiaggini ogni altra voce ragionevole che si trovi da quelle parti.
Fra destra e sinistra
Oggi governa la destra e sostiene di non avere mai usato quel linguaggio, di non avere mai sostenuto che la sinistra avrebbe portato la dittatura. Peccato abbia strillato al regime, sostenuto che si stava vendendo la Patria (quando l’europeismo non lo gestivano loro) e che la sinistra aveva allestito la tratta dei bambini (riparlateci di Bibbiano). Il che non giustifica la parimenti insensata tesi che stia tornando il fascismo, ma suggerisce la triste ipotesi che gli uni e gli altri abbiano poco altro da dire e così preferiscano arringare le tifoserie. Ragione per cui si rallegrano se i ragionevoli a votare neanche ci vanno, così non disturbano l’idillio del convergere nella divergenza.
Andremo a un referendum sulla giustizia in cui la sinistra accuserà la destra di volere attaccare i magistrati, avendo di fronte quelli che incivilmente inneggiavano alle Procure sui gradini dei tribunali; mentre le destre accuseranno le sinistre di volere utilizzare la giustizia per fare politica, rivolgendosi a quelli che furono utilizzati dai giustizieri e ci rimisero dei governi. Si discute della sanità facendo finta che il problema sia quanti altri soldi ci si mette ed evitando, gli uni e gli altri, di prendere atto che la regionalizzazione è un costoso fallimento.
Ci si accapiglierà sulla pressione fiscale avendola entrambi fatta crescere, dicendo di farla scendere e non sapendo nessuno come cavolo è fatta una bolletta elettrica, sicché quanto costa la mancata concorrenza in produzione e distribuzione. Nel vuoto d’idee e capacità, con un Parlamento popolato da sloganari, si sentirà ancora dire: «Dobbiamo occuparci dei problemi della gente». Bravi, quali? «I problemi concreti». Fra i quali ha concretamente un posto di rilievo la politica senza competenze e idee, nascosta dietro il vuoto colmo di soggetti incompatibili, a destra e sinistra. Astenetevi, se possibile.
di Davide Giacalone
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