Post elezioni: la posizione di Meloni e il destino dei tanti sconfitti
Post elezioni Giorgia Meloni usa toni misurati e apre la strada a una successione ordinata. I tanti sconfitti, invece, entrano in un tunnel che li porterà lontano dal loro ruolo di leader

Post elezioni: la posizione di Meloni e il destino dei tanti sconfitti
Post elezioni Giorgia Meloni usa toni misurati e apre la strada a una successione ordinata. I tanti sconfitti, invece, entrano in un tunnel che li porterà lontano dal loro ruolo di leader
Post elezioni: la posizione di Meloni e il destino dei tanti sconfitti
Post elezioni Giorgia Meloni usa toni misurati e apre la strada a una successione ordinata. I tanti sconfitti, invece, entrano in un tunnel che li porterà lontano dal loro ruolo di leader
Avrete notato i toni misurati. Addirittura il fido Crosetto si è appellato direttamente a Mario Draghi, per una gestione ordinata e funzionale del lungo periodo di transizione da una legislatura all’altra. Agognata a lungo, vista da vicino la montagna del potere può fare impressione e la debolezza degli alleati paradossalmente non aiuta a spartirsi i pesi.
È lecito e doveroso chiedersi cosa succederà nella Lega, in cui il rovescio subìto da Salvini è di tali proporzioni da obbligare a rivedere tutta una politica. Potranno mai Giorgetti, Fedriga e Zaia sopportare le conseguenze politiche di un partito doppiato da Fratelli d’Italia in Veneto e Lombardia? Potrà, in particolare, il presidente veneto accettare di veder congelate le sue richieste di un’autonomia rafforzata?
Quanto a Forza Italia, Silvio Berlusconi può archiviare il quasi aggancio all’amico-rivale Salvini così come quell’aura di golden share che potrebbe esercitare sul governo, ma parliamo di ipotesi di scuola. Sul cruciale fronte della politica estera Giorgia Meloni è stata sufficientemente pronta e intelligente da porsi in posizione indiscutibile quanto ad atlantismo e occidentalismo, offrendo una sponda anche alla stessa Commissione europea. Se trattative ce ne saranno e non tutte morbide, un’Italia rispettosa del suo storico posizionamento appena rinforzato da Mario Draghi non potrà che far piacere a Bruxelles e alle cancellerie, annacquando quei timori che pure non dobbiamo far finta di non vedere.
Dall’altra parte non c’è più nulla. Lo sfacelo del Partito democratico è totale, imputabile a una leadership insicura, grigia e priva di visione. Dopo tanto agitarsi e tre anni e mezzo di governo, i democratici sono tornati esattamente dove li aveva lasciati il reprobo Matteo Renzi. Inevitabile, alla luce della mancanza di una politica credibile da contrapporre al destra-centro. Che Letta sia ai saluti lo ha detto lui stesso, ma – come Salvini insegna – non è nel personalismo che il Pd potrà ritrovare una strada.
Tracce di terzo polo si trovano di fatto solo nelle grandi città, con i lusinghieri risultati di Milano e Firenze. Troppo poco. Lo sapevamo prima, ora abbiamo piena consapevolezza della difficoltà di costruire un progetto politico stabile partendo da due personalità così contrapposte e per certi aspetti inconciliabili.
Di Fulvio GiulianiLa Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
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