Primarie PD, domenica al voto
Domenica 26 febbraio in Italia si voterà per le primarie del Partito Democratico. Un’analisi sulle recenti mosse rischiose del partito
| Politica
Primarie PD, domenica al voto
Domenica 26 febbraio in Italia si voterà per le primarie del Partito Democratico. Un’analisi sulle recenti mosse rischiose del partito
| Politica
Primarie PD, domenica al voto
Domenica 26 febbraio in Italia si voterà per le primarie del Partito Democratico. Un’analisi sulle recenti mosse rischiose del partito
| Politica
| Politica
Domenica 26 febbraio in Italia si voterà per le primarie del Partito Democratico. Un’analisi sulle recenti mosse rischiose del partito
In omaggio a un’americanata senza regole, a sinistra s’è ribaltata la logica: eleggono il conducator, ma non votano la meta; si ripetono che sono necessarie le alleanze, ma evitano di sceglierle. Così passano dal “campo largo” al “campo dei miracoli”, dal volere essere egemoni in una galassia indefinita al divenire speranzosi che le monete offerte ai coalizzandi Gatto & Volpe possano fruttar altro che fregature.
In un procedere logico le cose vanno all’opposto: il gruppo dirigente, selezionato negli anni, sceglie una linea politica, individua chi possa interpretarla e si presenta al giudizio dei militanti, per poi affrontare quello degli elettori. Prima la linea, poi le persone, infine il proselitismo. Invece s’è cancellata la linea (troppo politicismo, dicono, come se di mestiere non facessero i politici), gli iscritti hanno scelto il segretario – ovvero Bonaccini – ma domenica si chiede che ne pensano i passanti. Un grande sforzo di militanza, dicono quelli del Partito democratico. Somiglia tanto, però, a una gara d’irrilevanza. Qui c’è un equivoco grande come una casa del popolo: contano le idee, non il modo per vincere le elezioni senza averle fatte conoscere. Ed è quello il problema grosso: le idee non ci sono e si pensa di sostituirle con le suggestioni.
Ecco perché ci sono cose che sanno di vecchio prima ancora d’essere nate. Quando Bonaccini sarà segretario il Pd avrà alla guida un anti-anticomunista, come la destra è guidata da Meloni, che è anti-antifascista. Peccato i democratici siano anti-totalitari, quindi anti-fascisti e anti-comunisti. Se per evitare che gli ex ragazzi rossi e neri si decidano a crescere noi si debba continuare ad assistere ai resistenziali della domenica e agli internazionalisti del nazionalismo, possiamo solo sperare che i sempre più numerosi ragazzi che si pesteranno trovino in fretta di meglio da fare. Nell’insieme: è una pagliacciata.
L’orgoglio comunista delle cooperative rosse emiliane e l’esperienza umana delle periferie nere metropolitane possono generare identità personali e storie di gruppo, ma non idee che abbiano a che vedere con il governo di un Paese non più, da tempo, agropastorale. In quel loro passato non c’è un briciolo di futuro. Le idee prendono il posto della rappresentanza degli interessi quando, nel riflettere e nel proporre, il futuro prende il posto del presente. Ma qui si stanno disputando il passato. Manca solo che recitino in costume.
Prima che ricomincino l’eterno e ozioso gioco del piccolo costituente (che già chiamano “premier” Meloni, dimostrando che non hanno letto manco le istruzioni) provino a guardarsi nelle palle degli occhi: una è alleata con due forze politiche che provano a impallinarla qualsiasi cosa faccia, non escludendo lo sputtanamento internazionale; gli altri si pensano alleati con quelli che farebbero apparire l’inglese Corbyn come un pragmatico affidabile. Siccome questa roba è un falso – a destra come a sinistra – e il falso genera falsi, si guardino negli occhi e si chiedano se si vuole andare verso un maggioritario con ballottaggio (quello per cui a Roma la destra arriva prima e il sindaco lo fa uno di sinistra), oppure verso un proporzionale che non indebolisce il governo (come in Germania). L’idea che la soluzione migliore sia cambiare gli elettori è già venuta ad altri e non vale copiare.
Nel falso maggioritario italiano è già capitato, a destra come a sinistra, di dovere governare essendo minoranza. Non è vero che sia capitato solo alla sinistra. Il risultato, però, è che poi governano gli altri e nessun governante ha mai vinto le politiche successive.
Ci sono idee, in merito? Keir Starmer, in Inghilterra, non ha cambiato gli occhiali ma il modo di vedere le cose. Come fece Blair. Parlarono e parlano di sicurezza, ordine, mercato. Buona domenica, badate a che i sinistri di lunedì non siano né gli infausti né gli accidentati. Se cercate idee senza bandiere qui ce ne sono. Sinistramente gratis.
Di Davide Giacalone
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche
I “problemi” Musk e Soros
11 Gennaio 2025
Scantonare il problema Musk evocando quello Soros. Anche ammesso i due non si eliderebbero, si s…
Sono esistiti altri politici
11 Gennaio 2025
L’era Donald Trump mi ha fatto venir voglia di scrivere di… politici d’altra pasta. Perché, sì, …
De Luca: “Il governo ha paura sul terzo mandato. Per me non cambia nulla” – IL VIDEO
10 Gennaio 2025
“(Sul terzo mandato, ndr.) Non cambia assolutamente nulla, noi andiamo avanti e per quello che m…
Mattarella incontra Zelensky: “Pieno, costante e inalterato sostegno all’Ucraina”
10 Gennaio 2025
Il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha incontrato il presidente ucraino Zelensky:…
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.