La propaganda elettorale promette quel che non è sostenibile
| Politica
Mentre i protagonisti della campagna elettorale fanno promesse insostenibili, l’agenzia di rating Moody’s colloca l’Italia a un passo dalla spazzatura. Basta un ulteriore passo sbagliato per finirci dentro.

La propaganda elettorale promette quel che non è sostenibile
Mentre i protagonisti della campagna elettorale fanno promesse insostenibili, l’agenzia di rating Moody’s colloca l’Italia a un passo dalla spazzatura. Basta un ulteriore passo sbagliato per finirci dentro.
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La propaganda elettorale promette quel che non è sostenibile
Mentre i protagonisti della campagna elettorale fanno promesse insostenibili, l’agenzia di rating Moody’s colloca l’Italia a un passo dalla spazzatura. Basta un ulteriore passo sbagliato per finirci dentro.
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Non è il reality più seguito dell’estate, anzi, eppure l’impostarsi della campagna elettorale riserva non sorprendenti sorprese. Il timore non è relativo a quale ne potrà essere l’esito, perché, a naso, non ci saranno stravolgimenti e il governo che ne sarà frutto sarà disomogeneo se nessuno prenderà la maggioranza assoluta degli eletti, ma ancor più disomogeneo se qualcuno (la destra) l’agguanta. Il timore è che le sorprese sgradevoli arrivino dopo.
Per qualche ora è sembrato quasi che il cambio di previsione (tale è l’outlook), da parte di una società (Moody’s) che formula giudizi di affidabilità (rating) su investimenti e debitori, dovesse distrarre dalle intrigantissime vicende delle coalizioni e dei tanti galletti che allungano il collo. Ma son subito tornati a chicchireggiare d’altro. La notizia, però, niente affatto nuova, non è che una previsione passi da “stabile” a “negativa”, bensì che la posizione dell’Italia sia, per quell’agenzia, a un passo dalla spazzatura. Siamo al decimo posto nella classifica di affidabilità, all’undicesimo c’è l’inaffidabilità. Spazzatura. Prima pensavano che ci rimanessimo, ora che potremmo scendere.
Le altre due più rilevanti agenzie (Fitch e Standard & Poor’s) sono più generose, collocandoci a due passi dalla spazzatura. Due miseri passi. Entrambe non credono che miglioreremo, ma che ci resteremo. Per i ripensamenti hanno tempo fino ad autunno.
A metterci in quella (assai) scomoda posizione è l’enormità del debito pubblico. A far scendere l’affidabilità sono l’incapacità di rendere più efficiente la spesa pubblica e la testardaggine con cui si fa finta di non vedere un problema enorme. Se qualcuno dovesse credere alle castronerie che si sentono – in una campagna elettorale con insolazione – ne dedurrebbe non solo che il nostro debito non è destinato a scendere, in rapporto al prodotto interno lordo, ma che salirà. La coalizione in vantaggio, la destra, ha due crestuti che propongono, rispettivamente, una flat tax al 23% per tutti e una (falsa) al 15% per gli autonomi (poi si sono accorti che suonava male e ci hanno messo anche i dipendenti), più l’anticipo e l’aumento delle pensioni. Chi paga, come si copre questa spesa? Qui si entra nell’abracadabra: aumenta la gioia e aumenta il Pil. Devono aver preso i contribuenti per galline ovaiole. E non è che dall’altra parte si abbiano idee più chiare, basti pensare che si dice di volere adottare una fantomatica “agenda Draghi”, dopo avere chiesto a gran voce uno scostamento di bilancio, opportunamente negato da Draghi. Sarebbe stato più debito.
Il lato positivo è che non vengono considerati credibili, altrimenti campeggeremmo nella spazzatura. L’altro lato positivo è che alla Banca centrale europea c’era un Tale (lo stesso che i suoi connazionali hanno provveduto a far fuori, una volta rientrato in casa e posto alla guida del governo) il quale stabilì che la Banca centrale poteva continuare a comprare titoli degradati, se quel giudizio non fosse stato convergente. Come è positivo che esistano sistemi di sicurezza europei per evitare di trovarsi in quella deprecabile condizione, ma sono gli stessi qui demonizzati.
Questi ci paiono problemi seri e che richiederebbero una qualche maggiore serietà. Ma è così bello far propaganda elargendo, tanto pagano i 5 milioni di italiani i cui versamenti Irpef superano quel che ricevono. Si tenga presente, a proposito di povertà, che il montepremi del Superenalotto è arrivato a 250 milioni. Potreste essere i vincitori. Intanto siete i cittadini di un Paese di poveri che, ogni anno, spendono 130 miliardi in giochi e lotterie (nel conto non è compreso l’illegale). Ciascuno fa quel che vuole con i propri soldi, ma escluderei che a comprare grattini e a dare i numeri sia la ristretta cerchia dei ricchi, privilegiati e sfruttatori. Nella distanza fra l’Italia reale e quella della propaganda passa la sfiducia di chi osserva. Dovrebbe passare anche l’indignazione di chi ci vive.
Di Davide Giacalone
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