Quando l’ideologia sfocia nell’irrilevanza
La scelta di FdI di votare contro la conferma di Ursula Von der Leyen mostra tutta l’irrilevanza della posizione assunta dal più grande partito italiano
Quando l’ideologia sfocia nell’irrilevanza
La scelta di FdI di votare contro la conferma di Ursula Von der Leyen mostra tutta l’irrilevanza della posizione assunta dal più grande partito italiano
Quando l’ideologia sfocia nell’irrilevanza
La scelta di FdI di votare contro la conferma di Ursula Von der Leyen mostra tutta l’irrilevanza della posizione assunta dal più grande partito italiano
La scelta di FdI di votare contro la conferma di Ursula Von der Leyen mostra tutta l’irrilevanza della posizione assunta dal più grande partito italiano
Una scelta figlia di un’ideologia a conti fatti inutile o quantomeno superflua, che tiene non un governo, un partito o una leader in una posizione più ininfluente che isolata, ma un Paese intero. La scelta di Fratelli d’Italia di votare contro la conferma della presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen – motivando il “no“ con il contemporaneo “sì” dei verdi – finisce per non avere alcun peso all’Europarlamento e in vista della formazione della Commissione. È solo la manifestazione di una scontatissima distanza politica, un marcare un territorio a destra.
È evidente che Giorgia Meloni fosse perfettamente consapevole che i suoi voti non sarebbero comunque risultati decisivi per la candidatura von der Leyen e quindi si sarà sentita ancor più con le “mani libere“, ma resta tutta l’irrilevanza della posizione assunta dal più grande partito italiano.
Come abbiamo scritto più volte, arroccarsi, dare anche solo l’impressione di accodarsi alle posizioni nazionaliste, sovraniste e populiste non porterà un voto in più dei già tanti a disposizione di Giorgia Meloni. Non cambierà di una virgola la storia della Commissione von der Leyen bis, ma ridurrà di tanto lo spazio di manovra e la capacità di influenza del nostro Paese su argomenti assolutamente cruciali, strategici e decisivi.
Pensate al New Green Deal, sul quale pur comprensibilmente Giorgia Meloni avrebbe voluto avviare un’interlocuzione sui tempi e sul principio della neutralità tecnologica. Cosa potrà fare adesso l’Italia?
Non resteranno che complesse trattative diplomatiche legate alla nomina dei commissari e dei vicepresidenti. Ci si baserà sui buoni rapporti personali fra la Meloni e la presidente e forse su qualche voto in soccorso arrivato nel segreto dell’urna. A proposito di vicepresidenti, l’Italia ne avrebbe voluto uno esecutivo e ora tutto si fa più difficile dopo il “no“ di ieri.
C’erano i margini, c’è stata una lunga trattativa, c’erano tutte le possibilità, si è scelto di soddisfare quella parte più ideologizzata e di stomaco del proprio elettorato con una mossa che già oggi segnala tutta la sua irrilevanza.
Di Fulvio Giuliani
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