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Il “No” di Polonia ed Ungheria, all’accordo trovato in seno al Consiglio europeo sui migranti, sottolinea ancora una volta l’inutilità di arroccarsi e isolarsi

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Il “No” di Polonia ed Ungheria, all’accordo trovato in seno al Consiglio europeo sui migranti, sottolinea ancora una volta l’inutilità di arroccarsi e isolarsi
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Il “No” di Polonia ed Ungheria, all’accordo trovato in seno al Consiglio europeo sui migranti, sottolinea ancora una volta l’inutilità di arroccarsi e isolarsi
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AUTORE: Fulvio Giuliani
C’è dell’ironia sferzante nel «No» di Polonia e Ungheria all’accordo trovato in seno al Consiglio europeo sui migranti: redistribuzione delle persone sbarcate nei Paesi di primo accesso oppure indennizzo in forma economica, con l’intesa faticosamente raggiunta sulla base di 20mila euro a migrante. Tralasciamo pure le polemiche, determinate da una valutazione morale dell’accordo stesso (la ‘quotazione’ della singola persona che un Paese decida di non accogliere sul proprio territorio), per concentrarci sul dato politico: coloro ai quali buona parte dell’attuale maggioranza di governo guardò con dichiarato favore e simpatia oggi rischiano di far saltare per un tempo indefinito un compromesso certamente non perfetto, ma comunque in grado di segnare un passo in avanti nell’annosa e complicatissima gestione dei flussi migratori irregolari.
Questo è un fatto incontrovertibile, come le simpatie e le roboanti parole che furono, oggi particolarmente amare alla luce dello stop imposto dai governi di Varsavia e Budapest. Non c’è alcuna ironia o sarcasmo nel ricordare che su La Ragione certe posizioni sono sempre state valutate tatticamente vantaggiose ma del tutto inconcludenti in termini strategici. Per essere ancora più chiari: contrarie al reale interesse nazionale.
Quanto accaduto al Consiglio europeo di Bruxelles ne è la controprova, che sottolinea ancora una volta – ove ve ne fosse ulteriore bisogno – l’assoluta inutilità di arroccarsi e isolarsi. Atteggiamento magari utile a soddisfare l’elettorato di riferimento e dare ossigeno ai sondaggi, ma del tutto controproducente alla prova dei fatti.
Forse anche per questo e come avevamo previsto, a Bruxelles non s’è vista la “faccia feroce“ della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, mostrata mercoledì in Parlamento alla vigilia del Consiglio europeo. La verità è che la nostra posizione in seno all’Unione – su temi cruciali quali la questione migranti e il confronto sul Patto di stabilità che si avvicina a grandi passi – è particolarmente esposta e precaria. La parte degli intransigenti guastafeste è stata raccolta con entusiasmo da Ungheria e Polonia ma il cerino resta in mano a noi, alla vigilia di un’estate che minaccia di essere torrida sul fronte degli sbarchi.
Speriamo almeno che tutto questo serva a ricordare la necessità di confrontarsi e trattare con intelligenza e scaltrezza, senza assumere a uso interno pose dure e pure, destinate a durare lo spazio di un mattino.
Di Fulvio Giuliani
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