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                Politica e magistratura, atavico problema italiano. Tra accuse e regole, tutti si accusano di essere forcaioli a fasi alterne. Ma lo sono tutti e lo spettacolo è penoso
        
        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
 
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Politica e magistratura, atavico problema italiano. Tra accuse e regole, tutti si accusano di essere forcaioli a fasi alterne. Ma lo sono tutti e lo spettacolo è penoso
        
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AUTORE: Davide Giacalone
Tutto questo è di indicibile noia e inutilità. Gli uni continueranno ad accusare il magistrato che inquisisce un politico amico d’essere politicizzato, mentre il problema è l’incapacità della politica di stabilire regole che preservino l’indipendenza del giudizio e il rispetto dei diritti individuali. Fra i quali non c’è soltanto la libertà, ma anche l’onorabilità. Mentre gli altri politici continueranno a chiamare “giustizia” l’ipotesi d’accusa, perché incapaci di elaborare accuse men che generiche e sloganistiche in campo politico. Gli uni e gli altri rimproverandosi a vicenda d’essere forcaioli a fasi alterne. Se può servire: lo siete stati quasi tutti ed è uno spettacolo penoso.
Concentriamoci sulle vie d’uscita. Ne segnalo due, pertinenti a quanto succede in queste ore. Una normativa e l’altra culturale o, se si preferisce, di costume.
- In nessuno Stato di diritto esiste la possibilità che si impedisca a un procuratore di svolgere un’indagine. O, per meglio dire, sistemi come quello francese o tedesco prevedono che si possa farlo – dato che il procuratore dipende dal governo – ma presuppongono che il governo si assuma la responsabilità di quella scelta. Difatti accade assai di rado e mai riguardo a politici. Il procuratore non è un “giudice”, ma un magistrato che non giudica nessuno, cura le indagini e sostiene l’accusa. Se qualcuno chiama “giudice” il procuratore pensate all’ortopedico che chiami “femore” l’osso del vostro braccio e scappate via lontano: quello vi ammazza. Non è un giudice, ma deve essere libero di indagare, naturalmente nel rispetto della legge.
- Dalle stanze del governo sono uscite parole intrise di preoccupante nervosismo circa i casi Delmastro e Santanchè. Che sono pure due cose di non gran rilievo. Se se la prendono con questo piglio, se immaginano di potere condurre una battaglia non per la riforma della giustizia (più che giusta) ma per difendersi dalle iniziative giudiziarie, hanno già perso in partenza. Come altri prima di loro. Usino la civiltà, con un pizzico di sana malizia.
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