Scambisti
Gran spettacolo di manovre bancarie, giocate nel campo della finanza ma con pallonate che sanno di politica
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Gran spettacolo di manovre bancarie, giocate nel campo della finanza ma con pallonate che sanno di politica
Gran spettacolo di manovre bancarie, giocate nel campo della finanza ma con pallonate che sanno di politica. A guadagnarci saranno gli avvocati. Il tabellone annuncia le squadre in campo: nella prima metà del terreno di gioco chi ha dato il calcio d’inizio, ovvero Monte dei Paschi di Siena che offre agli azionisti di Mediobanca di scambiare le azioni – così prendendo il controllo della banca scalata – con un maggior valore del 5,03% rispetto alla quotazione; nell’altra metà la squadra di Mediobanca, che resiste all’assalto. Appena la prima palla è stata toccata, all’apertura della Borsa, una bordata di fischi ha salutato l’iniziativa degli scalatori, che hanno visto i loro titoli crollare. Se il buongiorno si vede dal mattino, gli azionisti di Mps si apprestano a rimetterci. Occorre però ricordare che la sfida era già in corso su un altro campo e non si creda sia una roba per patiti di finanza, perché in trasparenza si vede l’intreccio politico. La sfida si sta infatti giocando anche sul campo di Trieste (ne abbiamo scritto mercoledì), con le Assicurazioni Generali che avviano un accordo con Natixis e due azionisti che si oppongono: Delfin e Caltagirone. Generali è significativamente partecipata e storicamente legata a Mediobanca. Delfin e Caltagirone sono anche azionisti di Mps. Generali non si ferma, i contrari masticano amaro. Ma ora Mps prova a scalare Mediobanca, il che ribalterebbe gli equilibri in Generali. Le due partite sono collegate. C’è un dettaglio, che inquieta: Delfin (9,9%) e Caltagirone (5%) sono azionisti di Mps, ma il primo azionista è il governo (11,7%). Ed è il primo azionista perché si usarono i soldi del contribuente per salvare Mps in bancarotta, forzando le norme Ue. Si fa una scalata bancaria, dovendo ancora riprendere indietro i soldi (nostri) che ci si mise? Per giunta partendo in perdita. Non è questione trascurabile ed è la prima faccia della politica. L’altra riguarda Mediobanca. Fu fondata da Enrico Cuccia (mondo laico e antifascista) e da lui ininterrottamente dominata. Penso che il mondo di Cuccia fosse morto prima del suo longevo ed eccellente abitante. La logica di Mediobanca era (scusate la sintetica rozzezza): si usano i soldi delle banche pubbliche (l’iniziativa fu di Raffaele Mattioli, Banca Commerciale) per alimentare un capitalismo italiano popolato da capitalisti senza capitali (o che se li portano via); lo scopo è quello di farli crescere, ma al tempo stesso controllarli e tenerli lontani dalla bramosia dei politici. In questo Cuccia fu impareggiabile e aveva in Generali uno dei suoi punti di forza. Mano a mano che il mercato si apriva e la finanza cresceva, quell’ecosistema si esauriva.
Mediobanca è già stata oggetto di un assalto, condotto da Cesare Geronzi e Alessandro Profumo, proprio all’insegna dei tempi cambiati. Attenzione: furono respinti grazie al fatto che Mediobanca si trovò al fianco Giovanni Bazoli e quella che allora si chiamava “finanza cattolica”. Chiaro? La presenza cattolica in politica non era la generosa testimonianza minoritaria di chi chiede un posto in lista al Pd, ma una spina dorsale dell’Italia. Nel bene e nel male. Siamo ora al secondo assalto, da parte di chi ci tiene a far sapere di essere dalla parte del governo. Che, imprudentemente, si lascia trascinare e talora parla a sproposito di propri interventi salvifici. Certo, il mondo è cambiato e chi mette soldi propri (come Delfin e Caltagirone) ha ben diritto di provare a contare. Ma i soldi si contano e le regole si rispettano, perché l’interesse da tutelare è quello del mercato, degli azionisti sparsi e dei risparmiatori.
Nulla di male negli scontri di potere, ma lanciare operazioni che servono a bloccare gli altri – grazie alle passivity rule – è come assistere a un incontro di boxe in cui lo sfidante spera soltanto che lo sfidato non possa muovere le braccia, con il rischio che entrambi non possano difendersi da un terzo che dovesse salire sul ring e portar via loro la cintura di campione. Il che spiega perché gli avvocati faranno tanti soldi.
Di Davide Giacalone
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