Sciarada
La stagione è favorevole grazie ai capitali in arrivo e tassi d’interesse bassissimi. Eppure discorsi senza capo né coda su flat tax, scaloni e tagli vari rischiano di rovinare tutto. Perché nessuno sembra pensare al dopo
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La stagione è favorevole grazie ai capitali in arrivo e tassi d’interesse bassissimi. Eppure discorsi senza capo né coda su flat tax, scaloni e tagli vari rischiano di rovinare tutto. Perché nessuno sembra pensare al dopo
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La stagione è favorevole grazie ai capitali in arrivo e tassi d’interesse bassissimi. Eppure discorsi senza capo né coda su flat tax, scaloni e tagli vari rischiano di rovinare tutto. Perché nessuno sembra pensare al dopo
Sembra ci si diletti nella sciarada, senza neanche riuscire a indovinare, buttando parole a caso. Ci troviamo in una stagione particolarmente favorevole, fra capitali messi a disposizione per investimenti, tassi d’interesse bassissimi e acquisti di titoli del nostro debito pubblico, tutto a cura delle istituzioni dell’Unione europea. Ma questa roba preziosa rischia d’essere controproducente se non accompagnata dalla consapevolezza dell’eccezionalità e dalla necessità di prepararsi al dopo.
Consapevolezza che non si vede. Possiamo constatarlo quando si sente parlare di pensioni o fisco, quando si va strologando di roba immaginifica come “taglio”, “scalone” o “flat tax”. La sola indecisione è se chi usa questi concetti stia prendendo in giro gli altri o ci creda e abbia preso in giro sé stesso. L’una cosa non esclude l’altra. Ma di quale “taglio” si va parlando, a proposito di pensioni? Stiamo per uscire dall’ennesima trovata demagogica, che ha comportato un ulteriore regalo per chi anticipa la pensione: Quota 100. Peraltro un insuccesso, visto che molti che avrebbero potuto prenderlo l’hanno rifiutato.
Ora il governo propone un sistema saggio ed equilibrato: tornando alla legge Fornero, ovvero la sola che possa fornire un certo equilibrio ai conti (per fare tornare i quali lo stesso governo che varò Quota 100 stabilì la necessità di far entrare 165mila immigrati all’anno in più, ogni anno), e volendo introdurre un po’ di elasticità, si potrà scegliere di smettere di lavorare a 62 anni, calcolando la pensione al solo contributivo, sulla base, quindi, dei contributi versati.
Immediato si alza l’urlo: quel calcolo comporta un “taglio” che va dal 6 a 13% della pensione. Ma “taglio” di che? Oramai si considera un diritto disporre dei soldi altrui e si considera un “taglio” l’interdizione. Piuttosto: i sindacalisti avvertano i lavoratori che sono loro a pagare il regalo, sono loro a incassare poco più di 50 quando il datore di lavoro paga 100. Li avvertano, così anziché avere la maggioranza degli iscritti pensionati se ne troveranno la totalità. A non essere rappresentati sono proprio gli interessi di chi paga.
Ma bisogna evitare lo “scalone”, dice la sinistra. Forse memori di averne già ‘evitato’ uno usando i soldi dei non garantiti per darli ai garantiti. Se per diluire lo “scalone” si deve insistere a scalare i soldi dai salari la sinistra sarà rappresentante delle rendite, non del lavoro.
Poi ci sono i geni della “flat tax”, alberganti a destra. Roba tragicomica. Dicesi flat una aliquota unica per tutti. Piatta. E quel che è piatto è piatto per tutti. Che non sarebbe nemmeno incostituzionale, come taluni sostengono, perché resterebbe la progressività con un’area di non tassazione e regimi diversi di sgravio. Ma è una discussione priva di utilità se, visto che parliamo di imposte sui redditi, non si parte dalla consapevolezza che a pagare per tutti sono poco più di 5 milioni di italiani e che se il prelievo deve diminuire (questa è la suggestione della “flat”) occorre che si indichi dove tagliare la spesa. O pensano di far calare il fisco a buffo?
Ma anche questa è una considerazione troppo nel dettaglio, qui il problema è a monte: è una truffa nominalistica. Perché sento dire: facciamo la “flat” per quelli che, o per i redditi che, o per le categorie che, ma allora non è una “flat”, è solo una ulteriore aliquota a capocchia. Si osservi non tanto l’inflazione riaccesasi, quanto i differenziali fra i diversi Paesi dell’euro: lo spread sui tassi d’interesse, stordito da politiche monetarie iper accomodanti, riemerge sotto forma di spread inflattivo. E questo segna l’inizio della fine di quelle politiche. Se occupiamo il tempo dicendo scempiaggini su “tagli” che non tagliano, “scaloni” che non scalano e “flat” che non è piatta manco per niente, il problema della classe politica non sarà quello di dove mettere Draghi, ma dove andarsi a nascondere quando le conseguenze saranno chiare.
di Davide Giacalone
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