Romano Prodi ha detto stop. E meno male, altrimenti rischiavamo di far travalicare l’Europa al di là degli Urali.
L’ex presidente, parlando di Unione europea, ha spiegato di recente che «l’Europa deve subito comprendere i Paesi dell’ex Jugoslavia e l’Albania», poi basta. Che Prodi sia stato tra i sostenitori dell’allargamento a Est dell’Unione europea è un fatto.
Per la verità lo sono stati in molti, perché allora suonava come una strategia geopolitica e d’interessi ma anche come un risarcimento di terre, uomini e donne che per troppi anni avevano patito la dittatura comunista. Ma in quell’allargamento cercato e voluto un errore strategico – visto con gli occhi del presente – fu quello di non riformare contemporaneamente i trattati e le regole Ue, togliendo di mezzo quell’unanimità che ancora oggi rappresenta il freno più pesante alle decisioni comunitarie.
Se un gruppo di Paesi – Italia, Francia, Germania, Belgio, Spagna – volesse fare di più sulla strada di integrazione e coesione, perché aspettare il consenso di tutti gli altri Stati membri, che quasi sicuramente non arriverà mai? In questa contraddizione – estendersi mantenendo alcune regole stantie – l’Unione europea si è incagliata per anni.
Oggi Prodi dice che, dopo i Paesi della ex Jugoslavia e l’Albania, sull’allargamento è il caso di fermarsi. L’ex leader ulivista quindi di una Turchia in Europa non ne vuole sapere (e ha ragione). Chissà se Emma Bonino sia invece ancora favorevole oppure se in questi mesi abbia cambiato idea. Ci auguriamo la seconda.
di Massimiliano Lenzi
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