Sicurezza nazionale e Russia
Dalla telefonata con i comici russi della Meloni agli aiuti del Cremlino a Giuseppe Conte in era Covid: parliamo di sicurezza nazionale
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Dalla telefonata con i comici russi della Meloni agli aiuti del Cremlino a Giuseppe Conte in era Covid: parliamo di sicurezza nazionale
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Dalla telefonata con i comici russi della Meloni agli aiuti del Cremlino a Giuseppe Conte in era Covid: parliamo di sicurezza nazionale
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Dalla telefonata con i comici russi della Meloni agli aiuti del Cremlino a Giuseppe Conte in era Covid: parliamo di sicurezza nazionale
C’è una cosa che la sinistra (ma, generalizzando, potremmo dire tutta la politica italiana) sembra avere dimenticato: il popolo. Della telefonata, senz’altro improvvida, di Giorgia Meloni con il duo di comici russi spacciatisi per leader africani (che ha portato alle dimissioni del consigliere diplomatico) alla gente interessa poco o nulla. Interessano invece le tasse, l’inflazione, il lavoro per sé e i propri figli, le pensioni, le liste d’attesa per una visita specialistica, l’evidente dissesto di un sistema sanitario nazionale che fa acqua da molte parti.
Potremmo proseguire aggiungendo il calcioscommesse, la caduta o l’ascesa dei propri idoli e – ma sullo sfondo – le preoccupazioni per un mondo che ormai è entrato in un conflitto permanente ma “a rate”, come usa dire papa Francesco. Antisemitismo? C’è, eccome. Però se ne parla poco per strada, nei bar, sugli autobus, in metropolitana. Perché in questo noi italiani siamo un po’ pusillanimi: lo pratichiamo ma ce ne vergogniamo.
Abbiamo però anche un problema di memoria corta. Perché proprio dopo la questione della telefonata truffaldina (peraltro in pieno stile “Iene” e tante altre trasmissioni tv) il presidente Giuseppe Conte e altri autorevoli esponenti dei Cinque Stelle hanno puntato il ditino sulla sicurezza nazionale messa a repentaglio dalla stessa Meloni e da uno staff che, va detto, non ha mostrato il meglio di sé. Ci siamo e si sono infatti dimenticati (in buona o cattiva fede non so dire) che qualche anno fa proprio il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e i suoi sodali di governo avevano ‘invitato’ in Italia, in pieno inizio dell’era Covid, militari della Federazione Russa di Vladimir Putin (con tanto di camion mimetizzati, come fossero in procinto di attuare un’invasione) che avevano chiesto e soprattutto ottenuto di andare a ficcare il naso, e chissà cos’altro, in infrastrutture strategiche del nostro Paese.
Certo, al tempo eravamo grandi amici del dittatore del Cremlino. C’era pure chi, sembra, prendesse fior di soldi dalla Russia e l’Ucraina era ancora soltanto il Paese delle nostre meravigliose badanti. Però più di un dubbio sulla liceità di quella vera infiltrazione a qualcuno era venuto. La missione – se così la vogliamo definire – dei militari russi è costata al nostro Paese oltre tre milioni di euro. Le mail all’epoca segrete dei militari di Putin danno un quadro di infiltrazione e bonifica dei ‘luoghi infetti’ a dir poco imbarazzante.
Nel marzo 2020 la Farnesina così rassicurava l’Ambasciata di Mosca: «Vitto e alloggio? A carico dell’Italia». Gli accordi fra Conte e Putin erano molto diversi da quelli comunicati ufficialmente. In conclusione: scagli la prima pietra chi è senza peccato.
di Andrea Pamparana
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