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Silvio Berlusconi e noi

Non conta che lo si veneri o lo si detesti, Berlusconi è parte integrante dello sfondo del Paese da apparire un elemento “scontato“
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Non conta che lo si veneri o lo si detesti, Berlusconi è parte integrante dello sfondo del Paese da apparire un elemento “scontato“
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Non conta che lo si veneri o lo si detesti, Berlusconi è parte integrante dello sfondo del Paese da apparire un elemento “scontato“
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Non conta che lo si veneri o lo si detesti, Berlusconi è parte integrante dello sfondo del Paese da apparire un elemento “scontato“
Le sensazioni finiscono per essere un po’ simili in tutti: Silvio Berlusconi è così nell’immaginario collettivo italiano da risultare una sorta di presenza irrinunciabile. Non conta che lo si veneri o lo si detesti, il Cavaliere è parte integrante dello sfondo del Paese da apparire un elemento “scontato“. Lui c’è, perché da oltre quarant’anni ha lasciato un’impronta sull’Italia e gli italiani che nessuna antipatia politica o ideologica può negare. A meno di non voler fare professione di spocchia oltre il limite consentito. Nelle ore in cui si nutre legittima preoccupazione per le sue condizioni di salute e si registra un’ondata di solidarietà bipartisan formale quanto si vuole, ma che fa sempre piacere poter una volta tanto sottolineare, è istintivo voltarsi indietro e ripensare all’impatto sulla nostra società delle idee di quest’uomo dalle molteplici vite. Quando decise di uscire dal cono d’ombra di un’attività già estremamente fortunata, ma tutto sommato “tipica“ dell’Italia degli anni ‘70 – i grandi investimenti immobiliari – lo fece gettando le basi di una scommessa imprenditoriale, popolare e culturale che avrebbe cambiato per sempre il Paese attraverso le sue televisioni. Nel momento in cui la politica italiana si stringe intorno a lui, è importante ricordare come la trentennale dimensione di leader non sarebbe mai potuta esistere senza il travolgente successo dell’imprenditore televisivo. Un trionfo commerciale, senza dubbio, ma soprattutto dalle sconfinate conseguenze di carattere sociale: la Tv messa al centro del quotidiano di ciascuno, indipendentemente dall’età, dall’estrazione sociale o dal lavoro svolto. Una risposta per tutti, dai bambini ai nonni, in un’Italia ancora affidata alle cure didascaliche, perbeniste e un po’ soffocanti della televisione di Stato a marchio Democrazia cristiana. Chi ha vissuto la prima metà degli anni ‘80 capirà istintivamente di cosa stiamo scrivendo, perché l’avrà vissuto sulla propria pelle. Ai più giovani ricorderemo che in Italia, prima di Silvio Berlusconi, esisteva sostanzialmente una sola voce nei mezzi di comunicazione di massa radiotelevisivi. Oltre ciò che si può legittimamente pensare del Cavaliere leader di partito, di qualsiasi giudizio sulla sua lunghissima attività pubblica, basterebbe questo a determinare il ruolo straordinario dell’uomo e dell’imprenditore, prima ancora del politico. di Fulvio Giuliani 

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