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Sindacalizzare anche il caldo

Perché contro il caldo non serve una legge, ma l’applicazione di una regola non scritta: quella del buon senso

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Sindacalizzare anche il caldo

Perché contro il caldo non serve una legge, ma l’applicazione di una regola non scritta: quella del buon senso

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Perché contro il caldo non serve una legge, ma l’applicazione di una regola non scritta: quella del buon senso

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Perché contro il caldo non serve una legge, ma l’applicazione di una regola non scritta: quella del buon senso

Fa caldo, troppo caldo. Ma non c’è di che lamentarsi dal momento che siamo ad agosto. E se arriva l’anticiclone Caronte a scaldarci anzitutto gli animi, abbiamo tutti più di un metodo valido per difenderci dal cociore. Il problema è quando arriva il sindacato. Ogni estate il segretario generale della Cgil Maurizio Landini rammenta al governo la propria idea fissa: regolamentare con una legge l’emergenza caldo. Per il momento la sigla sindacale invita le aziende e le cooperative a predisporre una serie di astuzie atte a garantire buone e sicure condizioni di lavoro: aggiungendo ulteriori pause a quelle già contrattate, assicurando a ciascun lavoratore forniture di acqua fresca in misura illimitata, predisponendo turni di lavoro fin dalle prime luci dell’alba al fine di evitare il sole torrido. Da qualche giorno di questo vademecum sono stati informati anche i Municipi che utilizzano gli operatori ecologici delle cooperative. Peccato che fin dallo scorso giugno sindaci e responsabili delle risorse umane avessero già previsto queste misure. Perché contro il caldo non serve una legge, ma l’applicazione di una regola non scritta: quella del buon senso.

Sviluppina alla mattina, invece, non per chi deve tornare a scuola ma per quanti vorrebbero aprirla soltanto a ottobre. Miglior cosa sarebbe stata non chiuderla mai. Se nelle aule scolastiche fa caldo, pensate al bollore nelle teste dei genitori che si trovano in difficoltà nel conciliare il lavoro con la famiglia e che non possono permettersi l’iscrizione dei figli ai centri estivi. La regione più ‘fortunata’ è l’Emilia-Romagna: lì la prima campanella dell’anno suonerà il 16 settembre mentre l’ultimo tocco nel 2025 sarà il 6 giugno.

Bell’affare avere anche la scuola regionalizzata, dove ciascuno decide in autonomia l’apertura e la chiusura delle classi guardando le previsioni del tempo. Ma forse tocca a me prendere del fosforo. Sbaglio o il ministro dell’Istruzione e del Merito aveva firmato ad aprile un decreto per stanziare 400 milioni di euro per l’apertura delle scuole durante il periodo estivo, al fine di invogliare gli istituti a organizzare attività durante le vacanze? A parte i soldi promessi da Valditara, dobbiamo poi prendere atto che al momento sono stati spesi soltanto 3 miliardi circa dei 20 previsti per la scuola nel Pnrr. Con una parte di quella rimanenza si poteva progettare in tempi utili il ricambio dell’aria dentro le classi. Tetti coperti da pannelli fotovoltaici per alimentare nuovi impianti di condizionamento in tutte le aule?

Anche qui a prevalere potrebbe essere la regola del buon senso. Inutile dare la colpa al clima quando a salvarci poteva essere un climatizzatore.

di Matteo Grossi

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