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Stop UE alle auto termiche dal 2035 e l’Italia contromano

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La polemica dopo lo stop UE alle auto a motore termico dal 2035 è ridicola, quasi offensiva delle nostre capacità. Il processo è partito, si lavori per non restarne fuori

Stop UE alle auto termiche dal 2035 e l’Italia contromano

La polemica dopo lo stop UE alle auto a motore termico dal 2035 è ridicola, quasi offensiva delle nostre capacità. Il processo è partito, si lavori per non restarne fuori
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Stop UE alle auto termiche dal 2035 e l’Italia contromano

La polemica dopo lo stop UE alle auto a motore termico dal 2035 è ridicola, quasi offensiva delle nostre capacità. Il processo è partito, si lavori per non restarne fuori
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Non è una novità e forse a qualcuno non è sembrato vero alzare la bandiera dell’industria italiana contro l’Unione europea brutta, troppo green e cattiva che decide di elettrificare le auto senza se e senza ma entro il 2035. Una polemica facile facile, servita su un piatto d’argento, con la quale sostenere che la nostra industria dell’automotive e il suo enorme indotto siano destinate a sparire e stop. Ripetiamo, un allarme a portata di mano e di like ed estremamente semplicistico, basato sulle stesse cifre da anni. Tot posti di lavoro destinati a sparire per “colpa” dell’elettrificazione di massa. C’è la politica, ieri il ministro Salvini è risalito sul suo cavallo di battaglia, ma c’è anche un bel pezzo di industria. Ogni transizione è complessa per propria natura, ma chi abbia responsabilità di politica industriale e il mondo produttivo dovrebbero innanzitutto partire da una fredda analisi di dove andrà il mercato. Se a livello globale è considerata certa l’elettrificazione massiccia dell’auto, rimanere da soli (sia politicamente, che industrialmente) a innalzare il vessillo del motore termico non sembra proprio una furbata. Abbiamo un know how e una capacità di adattamento semplicemente eccezionali, maestranze che ci invidiano in tutto il mondo e una produzione con pochissimi eguali, che per esempio ci ha fatto diventare del tutto indispensabili all’industria automobilistica tedesca. Pensare che una simile realtà non sia in grado di adattarsi al cambiamento, di gestire la transizione, è quasi offensivo. Certo, ci vogliono idee, programmi, investimenti di grandi dimensioni e qualità (il Pnrr vi dice nulla?), ma se il mercato globale va in quella direzione l’Italia non può andare in una opposta pensando che non accadrà nulla. Pena, in quel caso sul serio, l’irrilevanza e il rischio di perdere una quantità di posti di lavoro. Invece di urlare alla luna e contro il Parlamento europeo, perché non si parla di investimenti, Giga Factory, di graduale conversione all’industria automobilistica che verrà e che verrà di sicuro e non solo di incentivi all’acquisto, come ha ripetuto proprio ieri Stellantis al governo? A prescindere da quanto ci si lamenti contro l’Unione, il processo è partito. Che vuole fare l’Italia? Di Fulvio Giuliani

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