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Tornare al Sud, senza sconti e con amore

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C’è un pezzo di Sud che non riesce a smettere di vivere anche i più pacati appelli a un’evoluzione sociale come un’insopportabile offesa alla storia, alla dignità

Tornare al Sud, senza sconti e con amore

C’è un pezzo di Sud che non riesce a smettere di vivere anche i più pacati appelli a un’evoluzione sociale come un’insopportabile offesa alla storia, alla dignità

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Tornare al Sud, senza sconti e con amore

C’è un pezzo di Sud che non riesce a smettere di vivere anche i più pacati appelli a un’evoluzione sociale come un’insopportabile offesa alla storia, alla dignità

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Restiamo al Sud un altro giorno, perché in tantissimi hanno voluto commentare le righe dedicate ieri all’assurda tragedia di Giugliano. Innanzitutto grazie a tutti, perché fra consensi e critiche abbiamo parlato di una realtà a nostro avviso fondamentale per chi voglia il bene del meridione d’Italia: quello stadio regressivo della convivenza civile, semplicemente senza leggi, che ha creato di fatto i presupposti della morte di quella povera bambina.

Uno stadio regressivo – scrivevamo poco sopra – tollerato da troppi, nella misura in cui viene considerato endemico e ormai inscalfibile. E questo avviene a tutti i livelli: fra politici, amministratori, classe dirigente, intellighenzia, intellettuali o semplicemente i “borghesi“ di una volta.
Questi ultimi meritano una riflessione a parte: appaiono spesso interessanti soprattutto a marcare le distanze e le differenze con “quella “Napoli. Come se rivendicare la propria estraneità mettesse al riparo dalla correità morale.

Fenomeno che non citiamo per sentito dire, ma essendo nati e cresciuti in uno dei quartieri napoletani in cui lo sport più diffuso dopo il calcio è marcare le differenze con l’altra Napoli. Contravvenire a qualsiasi regola di buon senso e minima prudenza genitoriale è figlio anche di quell’idea malata di convivenza, che assomiglia alla continua, solo apparentemente sopportabile sopraffazione del prossimo.

Non scriviamo con leggerezza di correità morale, ma non riusciamo a trovare altra immagine davanti all’immancabile coro di sdegno meridionalista appena si fanno notare queste tare sociali e lo spaventoso mix di abulia e pavidità di chi dovrebbe almeno farlo notare.

C’è un pezzo di Sud che non riesce a smettere di vivere anche i più pacati appelli a un’evoluzione sociale come un’insopportabile offesa alla storia, alla dignità, a un gloriosissimo e mitizzato passato, spesso frutto di puro e fantasioso revisionismo.
Così, si ripete all’infinito il meccanismo-tenaglia che stringe soprattutto chi ha minori possibilità di partenza: adattarsi alle irregolarità nella vita e nel lavoro o la fuga.

A differenza degli anni della grande migrazione dal Sud verso Lombardia, Piemonte o l’estero, oggi nella grande maggioranza dei casi se ne vanno i più qualificati e formati. Quelli che per scelta o istinto rifuggono la retorica dell’arrangiarsi. Il tessuto connettivo del Sud si impoverisce, perde le forze migliori fra i giovani – perché esistono sempre i migliori e i meno bravi, quelli con più voglia e quelli che non si sbattono – e si allarga la base di quel grumo pronto a crogiolarsi in un meridionalismo d’accatto.

di Fulvio Giuliani

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