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                Nell’accordo raggiunto tra Renzi e Calenda, la cosa certa è che in passato si erano addirittura detestati. Ma in politica, si sa, le grandi antipatie si trasformano in alleanze di convenienza e necessità.
        
        		
				
	
		
	
		
        
	
		
	
		
        
        
    
 
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Nell’accordo raggiunto tra Renzi e Calenda, la cosa certa è che in passato si erano addirittura detestati. Ma in politica, si sa, le grandi antipatie si trasformano in alleanze di convenienza e necessità.
        
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Nell’accordo raggiunto tra Renzi e Calenda, la cosa certa è che in passato si erano addirittura detestati. Ma in politica, si sa, le grandi antipatie si trasformano in alleanze di convenienza e necessità.
        
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AUTORE: Fulvio Giuliani
Si erano così tanto detestati da riservarsi parole che definire forti è poco. Pochissimo.
Calenda sostenne di provare “orrore“ per Renzi, mentre l’ex presidente del Consiglio non ha mai nascosto il fastidio nei confronti del suo ex ministro, in particolare per l’incapacità di mostrare riconoscenza.
In fin dei conti – il ragionamento – è lui ad averlo proiettato sui palcoscenici nazionali e internazionali.
Vederli ora felicemente insieme, come se tutto questo fosse stato solo un incidente determinato dai loro famigerati caratteri strappa un sorriso. Non siamo ingenui, sappiamo benissimo che in politica le grandi antipatie non di rado si trasformano in alleanze di convenienza e necessità e i due non sono certamente i primi, ma giravolte e girorotondi restano. Anche perché l’ostracismo nei confronti di Matteo Renzi non è storia vecchia, è memoria di una decina di giorni fa, quando Calenda trovava l’accordo con il Pd e il leader di Italia Viva finiva pubblicamente al ‘confino’, in un regolamento di conti che i dem aspettavano da tempo.
Rimasto solo, mentre il Pd imbarcava chiunque nel cartello elettorale anti-Meloni, Calenda ha impiegato tre giorni per completare il periplo del suo mondo politico e trovare un accordo con Renzi. Quest’ultimo, di gran lunga il più abile politicamente dei due e vero e proprio fuoriclasse delle tattiche e degli equilibri come dimostrato in più occasioni, ha persino accettato che fosse il nome dell’altro a guidare l’alleanza del “terzo polo“. Sorprendendo un po’ tutti e forse anche se stesso.
Sarà la consapevolezza che la stagione dei grandi numeri è irrimediabilmente alle spalle, sarà la fredda analisi dei sondaggi, sta di fatto che l’ex capo del governo ha ceduto e non poco. Ora, però, gran parte del peso della sfida grava proprio sulle spalle del leader di Azione e quel nome nel simbolo non sarà gratis.
Come tutte le mosse di questi giorni turbolenti. Non basterà appellarsi alla solita storia del caratteraccio per mascherare un eventuale risultato lontano dalle pretese.
 
Di Fulvio Giuliani
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