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Tortora non riposa in pace

Enzo Tortora moriva oggi, nel 1988. I frutti maturi della sua politica sono stati lasciati marcire e, trentaquattro anni dopo, si è stati costretti a chiamare al voto referendario sulle stesse riforme.

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Tortora non riposa in pace

Enzo Tortora moriva oggi, nel 1988. I frutti maturi della sua politica sono stati lasciati marcire e, trentaquattro anni dopo, si è stati costretti a chiamare al voto referendario sulle stesse riforme.

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Tortora non riposa in pace

Enzo Tortora moriva oggi, nel 1988. I frutti maturi della sua politica sono stati lasciati marcire e, trentaquattro anni dopo, si è stati costretti a chiamare al voto referendario sulle stesse riforme.

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Enzo Tortora moriva oggi, nel 1988. I frutti maturi della sua politica sono stati lasciati marcire e, trentaquattro anni dopo, si è stati costretti a chiamare al voto referendario sulle stesse riforme.

Enzo Tortora moriva oggi, nel 1988. Sul suo cippo funerario è scritto «Che non sia un’illusione». È andata invece come peggio non si poteva: i frutti maturi della sua lotta politica sono stati lasciati marcire nell’indifferenza colpevole di un Parlamento ignavo quando non tremebondo al cospetto della corporazione togata. Quanto alla stampa e alle tv, il ricordo a intermittenza che ne fanno è stucchevole, niente altro che uno stanco tributo alla loro cattiva coscienza. Consola che se fosse morto oggi, nel 2022, non gli sarebbero stati risparmiati partiti vuoti di idee e di cultura garantista, il vomito dei social e l’assenza di Pannella, Sciascia, Montanelli, Biagi e Bocca. Nel frattempo almeno 30mila altri innocenti sono stati inghiottiti nell’incubo. Trentaquattro anni dopo si è stati costretti a chiamare al voto referendario sulle stesse riforme (se ne parlerà oggi davanti a Montecitorio in una maratona oratoria organizzata dalla sua compagna Francesca Scopelliti) e la magistratura associata si è definitivamente screditata. No, Enzo non riposa in pace.

di Vittorio Pezzuto

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