“Totoministri”, la casella impostata male dell’Economia
| Politica
Non è ancora chiaro quale sarà la politica economica che il governo intenderà seguire.

“Totoministri”, la casella impostata male dell’Economia
Non è ancora chiaro quale sarà la politica economica che il governo intenderà seguire.
| Politica
“Totoministri”, la casella impostata male dell’Economia
Non è ancora chiaro quale sarà la politica economica che il governo intenderà seguire.
| Politica
Il “Totoministri” è esercizio ozioso. Appassiona pochi. I racconti che se ne fanno non è detto abbiano fondamento, in ogni caso sono irrilevanti e danno l’impressione che il governo tardi a causa del lavorio nella composizione del mosaico. Invece si sta solo attendendo l’espletamento dei necessari e non eludibili passaggi costituzionali. C’è una casella, però, che al di là dei nomi – reali o di fantasia – sembra essere impostata male. Da chi ne parla, perché il presidente incaricato in pectore (l’onorevole Meloni) non ne parla. È la casella dell’Economia.
Ovviamente decisiva, perché l’Italia è molto indebitata, perché ancora furoreggia l’epidemia dei più disparati bonus, perché dai conti dipende molta della nostra credibilità e coerenza europea. I conti pubblici sono parte stessa dell’affidabilità internazionale, visto che l’argine che ci difende dalle speculazioni non è (né potrebbe essere) nazionale. Una casella talmente decisiva da non potere dipendere solo da un nome.
È sbagliato credere che all’Economia debba trovarcisi un “garante” del governo. Qualcuno che – per competenza, conoscenze e relazioni – sia garanzia verso terzi che non solo non si faranno follie, ma che ci si atterrà alla ragionevolezza e alla prudenza. Non funziona affatto così e così non potrà mai funzionare. Il ministro dell’Economia non appone una specie di firma fideiussoria sui conti del governo. Perché quella funzione sia rassicurante è necessario che la competenza specifica si sposi o con la piena condivisione della politica scelta dal governo, e per esso dal presidente del Consiglio, o che sia il governo, e quindi il citato presidente, a riconoscersi per intero nelle scelte del ministro che ha scelto. Altrimenti l’esito, in breve tempo, saranno le dimissioni o la dismissione dell’uno o dell’altro.
La prima cosa è complicata, perché quale sia la politica economica che il governo intenderà seguire non è chiaro. Sappiamo che Meloni e il suo partito s’opposero al reclamare lo “scostamento di bilancio”, ovvero maggiore deficit e più debito. Bravi. Sappiamo che intendono radicalmente rivedere roba come il reddito di cittadinanza. Bene. Ma per il resto sappiamo poco e anche per queste due cose non sappiamo come intendono agire. Quindi un ministro che condivida quel che non è noto dovrebbe condividere quel che gli viene privatamente rivelato. Il che ne fa calare il peso.
La seconda cosa – che sia quindi il governo ad allinearsi al ministro – è rischiosa, perché se una volta scelto il nome s’intende uniformarsi al suo indirizzo, è come dire che la guida del Paese si troverà non a Palazzo Chigi ma a via XX Settembre.
L’equilibrio può essere cercato evitando di suonare un solo tasto, usando una più articolata tastiera. Taluni fatti lo suggeriscono e facilitano. La partita economica più rilevante sarà quella relativa alla realizzazione di quanto già previsto e approvato nel Pnrr. Che non è un piano del governo Draghi, ma dell’Italia. Questo significa che il grosso degli investimenti e delle riforme, per due o tre anni, andrà in continuità. Vero è che i vincitori delle elezioni hanno annunciato e promesso modifiche, ma si sono guardati bene dall’indicare quali e hanno ripetutamente fatto riferimento ai mutati costi. Roba rilevante, ma secondaria. Ininfluente rispetto al disegno. Se quella sarà la continuità, allora l’influenza e la dimostrata affidabilità di Draghi avranno ancora un peso e, per il governo, saranno spendibili. Se il fulcro della continuità sarà a Palazzo Chigi, come dovrebbe, allora al Ministero dell’Economia è bastevole ci sia coerenza e capacità. Se il fulcro fosse in quel Ministero allora si metta in conto, più presto che tardi, una crisi. Se la continuità non ci fosse si metterebbero a rischio l’Italia e i suoi conti.
Non si tratta di “Totoministri”, ma del governo nel suo insieme. Meloni ne sembra consapevole e mal sopporta le pressioni dei presunti alleati. Nella Costituzione troverà quel che serve a ricordare, ad amici e candidabili, che a lei spetta l’indicazione, mentre la nomina è in altre mani.
Di Davide Giacalone
La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!
Leggi anche

Mattarella ricoverato per l’impianto di un pacemaker: notte tranquilla
15 Aprile 2025
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è stato ricoverato all’ospedale Santo Spirito d…

Meloni sull’Ottovolante con Trump
12 Aprile 2025
Donald Trump è imprevedibile e dunque pericoloso per definizione. Non saprai mai cosa farà nei s…

Meloni da Trump: rischi e opportunità
11 Aprile 2025
Meloni da Trump: rischi e opportunità. Lo stop di 90 giorni sui dazi per l’Europa non basterà pe…

Banchi vuoti al Senato per la violenza di genere -IL VIDEO
10 Aprile 2025
Banchi vuoti al Senato per la violenza di genere. Dopo gli ultimi fatti di cronaca, mentre l’opi…
Iscriviti alla newsletter de
La Ragione
Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.