Trasformazione sindacale
Landini punta a ottenere una legittimazione popolare che oggi ha soltanto fra i suoi iscritti e non dalle urne di un’elezione che sia nazionale o europea
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Landini punta a ottenere una legittimazione popolare che oggi ha soltanto fra i suoi iscritti e non dalle urne di un’elezione che sia nazionale o europea
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Landini punta a ottenere una legittimazione popolare che oggi ha soltanto fra i suoi iscritti e non dalle urne di un’elezione che sia nazionale o europea
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Landini punta a ottenere una legittimazione popolare che oggi ha soltanto fra i suoi iscritti e non dalle urne di un’elezione che sia nazionale o europea
Assistiamo a una lenta e progressiva crisi del sindacato che non riconosce più i suoi fondamentali e scimmiotta – come fosse un partito qualsiasi – la politica di basso profilo che caratterizza, non soltanto in Italia, il nostro presente. Dai Di Vittorio, Lama, Benvenuto e Marini – dalla a volte contraddittoria ma pur sempre gloriosa storia delle battaglie sindacali – siamo arrivati a Landini, il cui obiettivo politico è di tutta evidenza: prendere la leadership della sinistra in stato confusionale fra un Partito democratico che ha più anime che idee e un movimentismo grillino che non sa più a che santo votarsi pur di racimolare voti (talvolta con vere operazioni di scambio che tanto danno hanno già fatto all’Italia). Entrate in un bar, salite su un autobus, un tram, una metro e chiedete chi sia il leader dell’Unione italiana del lavoro, la vecchia e gloriosa Uil. Avete forse sentito da Bombardieri pensieri significativi che non fossero la fotocopia di parole d’ordine e slogan di Landini? La Cisl, un tempo il sindacato più rappresentativo nella pubblica amministrazione (soprattutto nella scuola e nella sanità), cerca di smarcarsi dal progetto della Cgil – o meglio del suo attuale leader – di trasformarsi in un vero partito politico. Del resto Landini, uomo intelligente, punta a ottenere una legittimazione popolare che oggi ha soltanto fra i suoi iscritti (la maggioranza dei quali sono pensionati) e non dalle urne di un’elezione che sia nazionale o europea.
Certo, nella sua storia il sindacato ha sempre inciso sulla politica ma non è, non può e non dev’essere un partito. È un’associazione di lavoratori o di datori di lavoro costituita per la tutela di interessi professionali collettivi. Nel linguaggio economico e finanziario, “coalizione di imprese”. Il sindacalismo si compone dunque della dottrina e della prassi politico-economica, sia pure di varia matrice ideologica e culturale, finalizzate all’organizzazione in sindacato dei lavoratori. Nato in seno al movimento operaio e affermatosi in tutti i Paesi sviluppati a partire dalla prima fase della loro industrializzazione, il sindacalismo si è variamente configurato sulla base delle differenti situazioni politico-economiche, ma anche in relazione ai rapporti con i partiti politici operai. È altresì doveroso ricordare che, di fronte alle tensioni suscitate dal terrorismo, a partire dal 1969 si è accentuato l’impegno del sindacato in difesa delle istituzioni. Lo ricordo perché non si pensi che sia ‘contro’ il sindacato per pregiudizio ideologico. Purtroppo la fotografia del presente non fa però ben sperare nel recupero dei valori fondanti del sindacalismo, pilastri di una democrazia matura.
Di Andrea Pamparana
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