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Tre pilastri per cambiare

Bombardati di cattive notizie, media e politica giocano sulle nostre paure per avere reazioni. Ma una strada per un futuro migliore c’è. Anzi, tre

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Tre pilastri per cambiare

Bombardati di cattive notizie, media e politica giocano sulle nostre paure per avere reazioni. Ma una strada per un futuro migliore c’è. Anzi, tre

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Tre pilastri per cambiare

Bombardati di cattive notizie, media e politica giocano sulle nostre paure per avere reazioni. Ma una strada per un futuro migliore c’è. Anzi, tre

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Bombardati di cattive notizie, media e politica giocano sulle nostre paure per avere reazioni. Ma una strada per un futuro migliore c’è. Anzi, tre

Giustizia. Tasse. Immigrazione. Decrescita. Discriminazione. Guerra. Viviamo bombardati di cattive notizie, di crisi sempre incombenti, di criminalità dilagante.

I media e la comunicazione politica, diventati incapaci di trasmettere una visione che possa fare sperare in un domani migliore, giocano sulle nostre paure per avere audience, commenti, engagement, reazioni. E godono dei risultati, miopi nel loro orizzonte elettorale. Senza rendersi conto che, a forza di urlare al domani peggiore, questo si realizzerà.

Una strada che ci possa portare a un domani migliore invece esiste. E per quanto sia riduttivo e arrogante poter pensare di rinchiudere una panacea ai mali del Paese in un articolo di giornale, voglio quantomeno provarci. Le fondamenta del futuro si basano su tre livelli perché tre sono i livelli delle sfide che abbiamo davanti: quello internazionale, quello europeo e quello nazionale.

A livello internazionale si deve rivitalizzare e riscoprire un ruolo da protagonisti per l’Italia e per l’Europa (insieme agli alleati della Nato e agli Stati Uniti), per essere nel domani un faro di libertà per tutti i popoli oppressi dalle autocrazie e dagli invasori, come in passato noi stessi italiani siamo stati liberati dalla dittatura. Un ruolo che ci deve portare a riscoprire da un lato le arti della diplomazia – da troppo tempo latitanti – ma dall’altro anche quelle della guerra perché, come dimostra il caso ucraino, la nostra libertà non si difende con le belle parole, ma con un deterrente credibile. E ove questo non dovesse bastare, con interventi che rendano chiaro a tutti i nemici del nostro stile di vita che l’Occidente è pronto a difendere i propri valori non soltanto in casa propria, ma ovunque questi vengano minacciati o ci sia un debole oppure un aggredito.

Il secondo livello di azione deve essere quello europeo, perché alcuni dei problemi che attanagliano l’Italia non possono essere risolti se non a livello comunitario. E il fattore abilitante principale a questo livello sono gli Stati Uniti d’Europa. Come Paese, al fianco della Francia, dobbiamo spingere per superare la reticenza tedesca e dare il via a un vero processo di nascita di Stato federale europeo che possa agire da pari a pari insieme agli Stati Uniti.

L’ultimo (ma non per questo meno importante) livello riguarda l’Italia. Non è una decisione politica, ma un cambiamento di passo culturale che deve coinvolgere tutto il Paese. Dalla sua nascita in un Risorgimento incompiuto, l’Italia – come ci fa ben notare Parsi – non è riuscita nel corso della sua Storia a creare un sentimento di patria che possa costituire la chiave di volta su cui andare a costruire le dolorose ma necessarie riforme che possono cambiare il Paese. Dalla giustizia alla lotta all’evasione fiscale, dalla produttività alla partecipazione politica, nessun risultato potrà essere seriamente raggiunto senza un indispensabile sentimento di comunità intorno ai valori fondanti della nostra Repubblica, che sia la base di un nuovo patto sociale.

di Federico Pasotti

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