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Un presidente patriota con Mazzini sullo scrittoio

Einaudi presidente: un settennato di viva partecipazione ai problemi del Paese e di rara sobrietà.
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La lezione di Einaudi ha formato intere generazioni, che hanno usufruito del suo insegnamento come guida ideale nella vita quotidiana. Il solenne magistero universitario e l’attività pubblicistica hanno contribuito a richiamare gli italiani sulla gravità dei problemi presenti nella società durante l’età liberale, il regime fascista e gli anni della ricostruzione del Paese, sconvolto dalla tragedia della Seconda guerra mondiale.

Questi aspetti emergono dal messaggio che Luigi Einaudi indirizzò agli italiani il 12 maggio 1948 all’insediamento della carica come presidente della Repubblica, con l’elogio del nuovo assetto politico e della Costituzione come «garanzia della libertà della persona umana contro l’onnipotenza dello Stato e della prepotenza privata». A questi aspetti, purtroppo disattesi negli ultimi anni, aggiunse il valore dell’«Unità nazionale dalle Alpi alla Sicilia» per un «ritorno alle libere democratiche competizioni politiche» e per la ricostruzione di «quell’Europa donde è venuta al mondo tanta luce di pensiero e di umanità» (Atti parlamentari, seduta comune della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, 12 maggio 1948, pp. 17-18).

Eletto presidente della Repubblica con 518 voti su 872, Einaudi ottenne un voto a maggioranza esigua per le sue simpatie alla monarchia, ma il rispetto verso la Casa sabauda sembrò oscurarsi con il suo insediamento nel palazzo del Quirinale, dove sul proprio scrittoio pose in bella mostra una lettera di Giuseppe Mazzini. Essa, datata 15 giugno 1861, assunse un significato peculiare per il rispetto che Einaudi nutrì per il passaggio dalla monarchia alla Repubblica, «avvenuto in maniera perfettamente legale e pacifica».

Come presidente, Einaudi continuò la sua attività pubblicistica su argomenti economici e politici, optando per la lettura quotidiana dei giornali senza l’ausilio dei suoi collaboratori. Grande attenzione rivolse alla finanza pubblica, che al termine del primo anno della sua carica ebbe un aumento del gettito fiscale di 83 miliardi. Ridusse anche il numero delle auto per le cerimonie ufficiali e per l’uso personale, preferendo spostarsi con una “1500” in modo da non essere notato.

Il suo appannaggio presidenziale fu utilizzato in parte per l’acquisto della streptomicina e di generi alimentari da donare agli indigenti e agli artisti italiani bisognosi residenti all’estero.

Del settennato presidenziale di Einaudi restano molte foto che testimoniano viva partecipazione ai problemi del Paese e una rara sobrietà, che rimase un’insegna peculiare negli anni operosi che ancora gli fu concesso di vivere. Il volume “Il buongoverno” (1954) a cura di Ernesto Rossi – pubblicato quasi al termine del suo mandato – contiene la sua ultima lezione, che spaziava dalla organizzazione dello Stato alla difesa della libertà in ogni settore della vita pubblica.

di Nunzio dell’Erba

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