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Una riflessione su Milano, nel giorno del giudizio politico

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In diversi post, commenti e articoli è andato in scena il godimento di tanti per il fatto in sé che un mare di palta si fosse abbattuto su Milano e – diciamolo – su tutti o almeno molti milanesi

Milano

Una riflessione su Milano, nel giorno del giudizio politico

In diversi post, commenti e articoli è andato in scena il godimento di tanti per il fatto in sé che un mare di palta si fosse abbattuto su Milano e – diciamolo – su tutti o almeno molti milanesi

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Una riflessione su Milano, nel giorno del giudizio politico

In diversi post, commenti e articoli è andato in scena il godimento di tanti per il fatto in sé che un mare di palta si fosse abbattuto su Milano e – diciamolo – su tutti o almeno molti milanesi

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Ho scritto della vicenda-Milano due giorni fa, sottolineando o almeno provando a sottolineare aspetti molto lontani dall’inchiesta, della quale non mi stancherò mai di ricordare che conosciamo le ipotesi di accusa. Tesi sulla cui consistenza in un’aula di tribunale non spetterà a nessuno di noi pronunciarsi. Sempre che tutto o in parte approdi in aula.

Il mare di palta che si è abbattuto sul Milano e i commenti

Avevo sottolineato, però, un aspetto che nelle 48 ore successive ho visto esplodere in un numero imprecisato di post, commenti, articoli e storie e chi più ne ha più ne metta: il godimento di tanti per il fatto in sé che un mare di palta si fosse abbattuto sulla città e – diciamolo – su tutti o almeno molti milanesi.

Come se gli ormai pochi autoctoni e i tantissimi acquisiti fossero da confondere in modo indistinto e superficiale con la città presuntuosa, arricchita, con una gigantesca puzza sotto il naso descritta in quei post, articoli e interventi.

Scritti grondanti superficialità

Scritti grondanti superficialità, con il chiaro intento di potersi finalmente togliere un po’ di sassolini dalle scarpe nei confronti di questa realtà che ha avuto l’ardire – fra tanti errori che abbiamo sottolineato non so quante volte – di mettere davanti a tutto la crescita, lo sviluppo, un’idea di vita cosmopolita, aperta e inclusiva.

Sì, inclusiva, nonostante le palesi esagerazioni e degenerazioni che abbiamo commentato un’infinità di volte.

Perché un conto è stigmatizzare gli eccessi legati al successo stesso, sottolineare che non si può andare avanti ad aumentare qualsiasi costo e prezzo all’infinito, mentre gli stipendi e le opportunità non crescono in egual misura e proporzione per tutti. Ma altro è definirci (fatemi parlare per un istante da bravo milanese immigrato che qui ci ha passato un gran pezzo di vita, ha fatto una trascurabile carriera, famiglia e figli) come una masnada di rimbambiti dietro gli happy hour e l’ultima moda costosa, cafona e un po’ imbecille.

Ma a tutti quelli che stanno festeggiando in questi giorni (cosa?!) vorremmo solo chiedere se per i loro figli desiderano una vita in un luogo piatto e che appiattisca tutto o uno dove – che sia in Italia o in giro per il mondo mi è del tutto indifferente – ciascuno possa esprimere i propri talenti e almeno provare a lasciare un segno.

Poi si può vivere ovunque ed essere felici, ma di posti che accendano una scintilla avremo sempre bisogno. Sempre.

di Fulvio Giuliani

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