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Sonnambuli alle urne

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Fra poche ore noi cittadini europei ci recheremo alle urne, ma sembra che si sia chiamati a discutere del passato anziché provare a indirizzare il futuro

Urne

Sonnambuli alle urne

Fra poche ore noi cittadini europei ci recheremo alle urne, ma sembra che si sia chiamati a discutere del passato anziché provare a indirizzare il futuro

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Sonnambuli alle urne

Fra poche ore noi cittadini europei ci recheremo alle urne, ma sembra che si sia chiamati a discutere del passato anziché provare a indirizzare il futuro

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Si ha l’impressione di star assistendo alla puntata precedente. Fra poche ore noi cittadini europei ci recheremo alle urne, ma sembra che si sia chiamati a discutere del passato anziché provare a indirizzare il futuro. Il Continente più ricco e libero sembra detestare il presente solo un po’ meno di quanto detesta il futuro, in compenso litiga sul passato. Taluni non osano più dire – come dissero fino a ieri mattina – d’essere contro l’Unione europea, ma la vogliono diversa. Ne vogliono meno e che funzioni meglio o ne vogliono di più che faccia dell’altro. Sono parole senza alcun senso, senza futuro.

Un mondo chiuso dentro le porte di casa non è mai esistito, neanche nell’antichità. Il mondo è sempre stato aperto e ciascun Paese, ciascun individuo vi vive immerso. Oggi è solo più veloce, le distanze si sono accorciate, il che rende effimero chiudere le tapparelle sperando di farlo sparire. Quando parliamo di transizione energetica o di innovazione tecnologica che punta alla decarbonizzazione non stiamo intonando una canzone bucolica: stiamo discutendo di supremazia produttiva, di dominio tecnologico, di ricchezza che si sposta. Certo che possono esserci idee e proposte diverse – è ben quella la politica e la democrazia è un metodo (il migliore) per indirizzare le scelte – ma fra queste non è compreso il ritorno al passato o il mantenimento del presente, giacché questa non è una scelta ma il rifiutarsi di scegliere. Ovvero consentire ad altri il vantaggio e impoverirci in fretta. Né la ricchezza né la libertà sono assegnate per sempre o su basi etniche – tanto più che fummo capacissimi di produrre miseria e dittature – semmai su basi culturali. Ed è ben quella la sfida, non tapparsi gli occhi.

L’elettrificazione non fu e non è un problema dei ricchi, semmai dei poveri che non intendano restare tali. E i ricchi – quali siamo – che pensano di conservare il loro presente senza correre e concorrere stanno solo regalando il loro futuro.

Un mercato unico dei capitali non è un unico mercato per danarosi capitalisti, ma lo strumento grazie al quale il piccolo risparmio può puntare a maggiore convenienza ed essere utilizzato per migliore produzione. Quindi è strumento che serve a far crescere la ricchezza complessiva. Il tema della compensazione o redistribuzione (brutto termine) è politico, se volete sociale, ma il rifiuto dello strumento è puro pauperismo. Figlio di una povertà che da culturale si traduce velocemente in economica.

La guerra è alla porta. Non è un’opinione, ma un fatto. Si tratta di non farla entrare. Guardate le nostre città, guardate come sono fatte: nessuno credeva di potere fermare le guerre con la porta di casa propria, si costruivano mura attorno alle porte di ciascuna casa e se ne faceva la porta comune. Più era forte, meno sarebbe entrata la guerra. Oggi solo chi è dalla parte di Putin è contro la difesa comune europea, l’unica scelta razionale ed economicamente conveniente. Certo che possono esistere idee diverse su come costruirla – e finanziarla – ed esisteranno interessi diversi nella crescita di uno spazio comune d’industrie per la difesa, ma non è consentito far finta di niente. E se imbocchi la difesa comune, che richiede tempo e costanza, scegli anche maggiore integrazione politica. Si può essere contrari sostenendo che è meglio fidarsi della difesa statunitense o che è meglio accettare di buon grado la maggiore penetrazione russa e cinese, ma fingere che si possa non scegliere e tenersi il passato in cui la guerra non era alla porta non è un’opzione. Solo una distrazione.

Sembriamo sonnambuli che camminano sognando di non essere costretti ad aprire gli occhi. Oppure bambini che amano il loro mondo di capricci e non vogliono diventare adulti. E forse anche per questo se ne fanno pochi, di bambini: per non farsi fregare il posto.

Ulisse è adulto e libero perché scelse: «Misi me per l’alto mare aperto». Qui si va verso le urne sperando di riporsi nella chiusa marana. Non è solo sbagliato, è impossibile.

di Davide Giacalone

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