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Urne sempre aperte

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In Italia le urne non dormono mai e questa primavera inoltrata non fa eccezione. Domenica e lunedì si vota per cinque consultazioni popolari promosse dalla Cgil, dal Pd, dai Cinque Stelle e da Avs

Urne sempre aperte

In Italia le urne non dormono mai e questa primavera inoltrata non fa eccezione. Domenica e lunedì si vota per cinque consultazioni popolari promosse dalla Cgil, dal Pd, dai Cinque Stelle e da Avs

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Urne sempre aperte

In Italia le urne non dormono mai e questa primavera inoltrata non fa eccezione. Domenica e lunedì si vota per cinque consultazioni popolari promosse dalla Cgil, dal Pd, dai Cinque Stelle e da Avs

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Al voto, al voto. In Italia le urne non dormono mai e questa primavera inoltrata non fa eccezione. In attesa dell’autunno dove pure risuoneranno le trombe della campagna elettorale per sei Regioni più la Valle D’Aosta. Insomma non c’è scampo alla perenne rincorsa all’ultimo consenso e stavolta tocca al meccanismo più abusato e purtroppo sempre meno praticato dagli elettori: il referendum abrogativo. Domenica e lunedì si vota per cinque consultazioni popolari promosse dalla Cgil, dal Pd, dai Cinque Stelle e da Avs. Quattro sui temi del lavoro e uno, sollecitato da +Europa, sul dimezzamento dei tempi per ottenere la cittadinanza italiana da chi è già residente nel nostro Paese.

Molto e fondatamente ci sarebbe da disquisire sullo strumento referendario, su come sia stato mal gestito, sui meccanismi costituzionali per attivarlo. Disquisizioni che vanno avanti da decenni con interventi dotti e puntuti di costituzionalisti di vario orientamento. Inutili, visto che cadono nel disinteresse delle forze politiche. Disinteresse che è un virus perverso e inarrestabile. Tanto che dai frequentatori del Palazzo si è esteso ai cittadini, che infatti disertano sempre più frequentemente le urne. Quelle referendarie con particolare accanimento.

È giocoforza prevedere che anche stavolta finirà così. A riprova c’è un elemento che lascia sbigottiti: ossia che il confronto-scontro fra promotori e contrari si è incentrato sulle modalità del referendum e praticamente mai sul merito dei quesiti. Il samba ideologico-demagogico è ruotato intorno alla legittimità e/o opportunità di recarsi oppure no ai seggi, se l’arma vincente sia disertare l’appuntamento per farlo fallire oppure se cogliere l’occasione per sferrare un calcio (metaforico) negli stinchi del fronte avverso. Pratica che sembra peraltro affascinare come non mai gli ultrà di entrambi gli schieramenti.

L’ultimo affondo è arrivato dalla presidente del Consiglio, che ha annunciato che si recherà sì alle urne ma, oplà, non ritirerà le schede. Riducendo la richiesta di voto a una sorta di scampagnata domenicale per prendere una boccata d’aria: un capolavoro di acrobazia. Il Viminale è corso a ricordare che non ritirare le schede equivale a disertare le urne, cioè all’astensione per non arrivare al quorum. Che è il vero obiettivo del centrodestra tranne la frangia centrista di Lupi.

Il perché di tante piroette sta nel fatto che confrontarsi sul merito dei quesiti non conviene a nessuno, né ai promotori né agli oppositori. Ai primi perché è difficile spiegare al colto e all’inclita come mai gli stessi che approvarono senza riserve le norme sul Jobs Act ora (al netto del drappello ‘riformista’ del Pd) le vogliano cancellare. Ai secondi perché a suo tempo vi si opposero con spavalderia e risolutezza e ora quella disciplina legislativa intendono al contrario lasciarla in vigore senza se e senza ma. Roba da far girare la testa a Pirandello, ha scritto il direttore Giacalone. Ed è stato fin troppo tenero.

Il risultato è che se (come appare scontato) il quorum non sarà raggiunto, lo strumento referendario subirà l’ennesimo colpo di maglio – chissà se perfino definitivo – e di Jobs Act e di cittadinanza non si parlerà più per anni. Il tutto mentre ancora una volta nelle aule parlamentari maggioranza e opposizione sul decreto Sicurezza si scazzottano al Senato, fortunatamente solo verbalmente, per un paio di frasi disgustose (poi rettificate) del senatore di FdI Giovanni Berrino («Le donne che fanno figli per rubare non sono degne di farli»; «Se un bambino sta più sicuro in carcere che a casa con genitori che li concepiscono per delinquere…») sulle quali l’opposizione è giustamente insorta: il Parlamento sempre più teatro di wrestling che di confronto.

Quanto a lunedì prossimo, sia gli uni che gli altri troveranno un modo per sentirsi vincitori. Come i tanti che non andranno a votare: ma senza elettori che democrazia è?

Di Carlo Fusi

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