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Veti incrociati strumenti dello stallo

Maggioranza od opposizione non c’è scampo: siamo il Paese dei veti incrociati. Ma i veti funzionano all’Onu, assai meno a Montecitorio

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Veti incrociati strumenti dello stallo

Maggioranza od opposizione non c’è scampo: siamo il Paese dei veti incrociati. Ma i veti funzionano all’Onu, assai meno a Montecitorio

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Maggioranza od opposizione non c’è scampo: siamo il Paese dei veti incrociati. Ma i veti funzionano all’Onu, assai meno a Montecitorio

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Maggioranza od opposizione non c’è scampo: siamo il Paese dei veti incrociati. Ma i veti funzionano all’Onu, assai meno a Montecitorio

Maggioranza od opposizione non c’è scampo: siamo il Paese dei veti incrociati. Ogni partito, ogni brandello di forza politica, ogni vera o presunta corrente interna si ritiene legittimata a porre condizioni e nei casi più eclatanti a dire «O così o niente». Se lo scontro avviene nella coalizione di governo la minaccia-spauracchio è che questo o quell’argomento non si toccano, pena la caduta dell’esecutivo. Cosa che poi puntualmente non avviene mai perché segare il ramo su cui si è seduti è operazione autolesionista. Il che non vuol dire che non ci siano state eccezioni: basta ricordare il Non Possumus di Fausto Bertinotti nei riguardi del primo governo Prodi o, peggio, quello del trotzkista Franco Turigliatto nell’esecutivo dell’Unione sempre guidato dal Professore. In entrambi i casi il governo cadde e rovinarono anche i tardivi seguaci di Brenno.

Adesso le armi si sono affinate nella paradossalità di essere divenute più primitive, barbariche. E tuttavia sempre più farlocche. Perché i veti possono funzionare all’Onu da parte delle superpotenze vere o presunte; assai meno a Montecitorio dove troppi lillipuziani pensano di essere giganti.

Torniamo a noi. Dunque accade che la Lega brandisca il veto dicendo che le pensioni non si toccano e l’autonomia differenziata (che peraltro, va ricordato, è già legge dello Stato) ancor meno. Che Tajani sullo ius scholae cada preda della medesima sindrome salvo poi derubricarla da solo, visti anche i distinguo – che altra ma più subdola forma di veto sono – in seno al partito. E che infine nel catino di Fratelli d’Italia si agitino veti subliminali sul fisco, sulla giustizia, sulla Rai: meglio ancora se ammantati nel suadente usbergo del complotto.

Non diversamente avviene nell’opposizione. Matteo Renzi proclama che i veti sugli alleati del Campo largo devono cadere, senza tuttavia chiarire come si possano superare le abissali incongruenze su politica estera, misure economiche, referendum sul Jobs Act. Giuseppe Conte non vuole subire veti dal Garante nonché Illuminato (ma lo è ancora?) Beppe Grillo, ma ne pone uno fortissimo sulla presenza del capo di Italia Viva. Con risvolti di tipo grottesco che peraltro non riguardano soltanto lui ma anche il Pd. Tipo la Liguria, dove non solo è stata fatta una manifestazione contro un presidente di Regione ai domiciliari (roba che fa rabbrividire) ma – una volta giunte le sue dimissioni – non si sa chi candidare esattamente in virtù di veti reciproci. E poi ci si lamenta che gli elettori disertano le urne. Ce ne sarebbe, eccome, anche per il Pd, che formalmente rifiuta i veti dei Cinque Stelle ma poi fa buon viso a cattivo gioco. ‘Giuseppi’ che non sceglie fra Trump e Harris è distillato di purissimo trasformismo. Ma se poi sciaguratamente l’ex presidente a novembre dovesse prevalere cosa fa Schlein, s’inchina al cerchiobottismo di Conte visto che a quel punto con gli Usa bisognerà comunque restare alleati? Non sarebbe meglio chiarirsi prima?

Il punto di fondo è evidente. Il veto è lo strumento più utile a non governare, il disco rosso da inalberare per salvaguardare posizioni di retroguardia, lo specchietto retrovisore da cui rimirare il passato e mai il futuro. Quello di cui l’Italia ha bisogno è esattamente il contrario: un progetto di Paese lungimirante e di respiro, che mandi in soffitta i veti e ari il terreno per le riforme che urgono da decenni – dalle pensioni al fisco, dalla giustizia alla revisione costituzionale – e che non si riescono mai a fare sempre a causa del rigetto di partner di governo, indifferentemente di centrodestra come di centrosinistra, di questa o quella misura in nome di una speculativa identità di partito da salvaguardare.

Adesso bisogna varare una manovra economica di non facile impatto: il terreno migliore per porre veti destinati a infrangersi come onde sugli scogli. Come si possa guidare così un Paese è un mistero.

di Carlo Fusi

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