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Dopo il voto in Basilicata

Usiamo l’ironia che è meglio. La Basilicata ha la stessa popolazione di due quartieri di Roma. Tuttavia ai seggi si sono recati meno della metà degli aventi diritto

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Dopo il voto in Basilicata

Usiamo l’ironia che è meglio. La Basilicata ha la stessa popolazione di due quartieri di Roma. Tuttavia ai seggi si sono recati meno della metà degli aventi diritto

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Dopo il voto in Basilicata

Usiamo l’ironia che è meglio. La Basilicata ha la stessa popolazione di due quartieri di Roma. Tuttavia ai seggi si sono recati meno della metà degli aventi diritto

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Usiamo l’ironia che è meglio. La Basilicata ha la stessa popolazione di due quartieri di Roma. Tuttavia ai seggi si sono recati meno della metà degli aventi diritto

Usiamo l’ironia che è meglio. La Basilicata, ultima in ordine cronologico delle regioni al voto dopo Sardegna e Abruzzo, ha la stessa popolazione di due quartieri di Roma e si percorre in auto coast to coast (chiedere a Rocco Papaleo, che voleva provarci addirittura a piedi) in poco più di un’ora, meno del tempo che ci vuole per circumnavigare da un capo all’altro la Capitale. Tuttavia ai seggi si sono recati meno della metà degli aventi diritto: e i quartieri capitolini così diventano solo uno, pure poco popolato.

Ha eletto un presidente, Vito Bardi, che non è residente e infatti non ha potuto votare: nemmeno per sé stesso. Al suo successo hanno contribuito in maniera determinante Azione e Italia Viva, che a livello nazionale stanno da un’altra parte. Decisivo, in quest’ambito, l’appoggio dell’ex governatore Marcello Pittella, una volta esponente del Pd. Insomma, un esito dove i paradossi abbondano: è immaginabile farlo diventare un test per verificare i rapporti di forza politici nazionali? La risposta è obbligata ma nessuno si sogna di derubricarla: entro i nostri confini il confronto tra partiti si nutre di questo e così è, sia se vi pare sia il contrario.

Bisognerà attendere prove più sostanziali con le elezioni europee del prossimo giugno, ma intanto i giornali titolano, i talk show impazzano, i social esplodono, il pollaio ciarliero deborda. Che gli italiani non lo sopportino è ormai certificato, ma i vari leader fanno finta di nulla, persi a rimirarsi l’ombelico in un riflesso autoreferenziale caparbiamente quanto voluttuosamente scisso dalla realtà. Verrebbe da motteggiare, se non ci fosse da piangere. Anzi, qualcuno particolarmente sagace potrebbe arrivare a chiedersi che senso abbia avere una Regione Basilicata e se non sarebbe meglio accorparla a una limitrofa, in un ragionamento che comprende anche Abruzzo e Molise e lascia invece intatte Emilia e Romagna: ci piacciono i campanili (e le poltrone), è noto. Amen.

Lasciamo allora l’ironia e proviamo a vedere le cose da un angolo visuale diverso. Da diciannove mesi a questa parte, ossia dal settembre 2022, in Italia sono successe molte cose, nessuna delle quali tuttavia capace di scalfire il consenso di FdI e la leadership di Giorgia Meloni. Come loro consuetudine, i sondaggi oscillano e una volta assegnano un punto in più e un’altra uno e mezzo in meno: ma siamo lì, l’hanno capito tutti. Al contrario l’opposizione – ma più giusto sarebbe usare il plurale – viaggia più divisa che mai, incapace di coagularsi non in un progetto comune (che sarebbe miracoloso) ma quantomeno in una convenienza unitaria. Come fossero carenti i temi su cui incalzare maggioranza e governo: però è meglio marciare divisi per restare spaiati. Nemmeno una foto di gruppo, altrimenti ci si contamina.

All’apparenza, un simile stato di cose sembrerebbe manna per Giorgia Meloni e in effetti per molti versi così è. Certamente la presidente del Consiglio è più forte adesso di un anno e mezzo fa, se non altro perché chi da fuori del perimetro del centrodestra dovrebbe contrastarla in realtà predilige o sgambettare chi sta a fianco o rivangare la nobile liturgia del seppuku. Ma è anche vero che le leadership solitarie rischiano di produrre più problemi di quanti promettano di risolverne. Sull’inquilina di Palazzo Chigi – e sempre di più soltanto su di lei – ricade infatti la responsabilità di guidare il Paese: politicamente, economicamente, socialmente. Nel suo inner circle prevalgono gli zeloti: quanto le siano utili lo dimostra il caso Scurati. Giorgia incede da sola, senza apparenti competitor, protetta dallo scudo di un consenso che per ora non vacilla. Ma com’è noto, le fascinazioni popolari sono per loro natura mutevoli e governare logora. Le scelte al contrario restano: quando la malìa finisce, sono dure come pietre.

di Carlo Fusi

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