L’intervento di Zelensky al Parlamento e la risposta di Draghi delineano, ancora una volta, da che parte sta il nostro paese. Anche se a qualcuno questo continua a non piacere.
La giornata di ieri – sarà certamente sfuggito ai vari putiniani d’Italia, intenti a segnalare la loro esistenza non facendosi vedere in Parlamento in occasione dell’intervento del presidente ucraino Zekensky o straparlando in aula – ha segnato una svolta.
Non abbiamo esitato a definirla “storica“, nel pezzo scritto in prima pagina oggi. Perché, facendo seguito ai ringraziamenti, al riconoscimento degli sforzi italiani e agli appelli di Zelensky, il presidente del Consiglio Mario Draghi ha inchiodato l’Italia all’Occidente, ben oltre i confini di questa guerra illegale e brutale.
Ieri è stata ribadita la collocazione del nostro paese. Che resta – udite, udite – al fianco degli alleati europei e atlantici, anche se la cosa continua risultare gravemente indigesta a questa accozzaglia di pacifisti unilaterali e senza cultura e uno straccio d’idea della storia.
La guerra scatenata da Putin all’Ucraina è una guerra scatenata contro di noi. In questo, Zelensky ha ragione non una, ma cento volte. È una guerra ai nostri principi, al nostro modo di intendere la vita, le relazioni fra Stati e i diritti del singolo individuo.
Che questo sfugga a troppi è evidente ogni santissima sera, assistendo allo spettacolo dei teatrini televisivi, con macchiette e personaggi da operetta invitati esclusivamente in nome dello share a fare il tifo per il dittatore e scontrarsi con i sostenitori del fronte occidentale.
Vere e proprie sceneggiate, con punte allarmanti di disgustoso cinismo. Pacifisti unilaterali, mai sopiti adoratori dello zar, vecchi paladini del populismo più sbracato e disordinato, tutti pronti a dimenticare i civili massacrati e messi alla fame da un’armata mandata allo sbando e ridotta a una tattica cecena che peserà per sempre non solo sulla coscienza (?) del dittatore, ma di un intero Paese.
Perché ogni giorno che passa è sempre più difficile non capire, persino nella Russia soffocata dalla propaganda del Cremlino. Figuriamoci qui, dove possiamo sapere e ragionare, dove chiunque può dire quello che gli pare – anche le peggiori castronerie – senza neppure rendersi conto dell’enorme fortuna di poterlo fare.
di Fulvio Giuliani
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