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Quelli che Zelensky è arrogante e antipatico

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Berlusconi non è distante dai tanti italiani che hanno in antipatia Zelensky, forse per il suo ardire di resistere e non tacere
Zelensky antipatico

Quelli che Zelensky è arrogante e antipatico

Berlusconi non è distante dai tanti italiani che hanno in antipatia Zelensky, forse per il suo ardire di resistere e non tacere
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Quelli che Zelensky è arrogante e antipatico

Berlusconi non è distante dai tanti italiani che hanno in antipatia Zelensky, forse per il suo ardire di resistere e non tacere
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È singolare, forse inevitabile per certi aspetti, l’atteggiamento di tanti nei confronti dell’uomo simbolo della resistenza ucraina all’aggressione russa. Solo ieri abbiamo scritto dell’incidente diplomatico causato dalle dichiarazioni di Silvio Berlusconi e dalla dura e sprezzante risposta di Volodymyr Zelensky, nel pieno della conferenza stampa con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni. Lo abbiamo definito nero su bianco – trovate queste parole oggi sulla prima pagina – un indiscutibile sgarbo diplomatico all’Italia. Un giudizio negativo della tagliente risposta e della reazione, non della persona e del leader. Molti, invece, sembrano ormai far fatica a distinguere le scelte contingenti, le singole dichiarazioni, le simpatie e antipatie personali dalla figura che da 364 giorni oggi incarna l’eroica resistenza di un intero popolo contro un aggressore spietato e smodato. Sempre più spesso siamo costretti ad ascoltare o leggere una vera e propria inversione della realtà. Silvio Berlusconi, in fin dei conti, ha interpretato il pensiero di molti italiani stufi della guerra, ma anche pericolosamente ben disposti a qualsiasi sciocchezza e distorsione la propaganda russa sparga a piene mani. Il leader di Forza Italia che ribalta la realtà dei fatti e ascrive a “quel signore“ la responsabilità della guerra e dell’attacco nel Donbass invaso dall’armata di Putin, non è distante dai tantissimi pronti ad accettare qualsiasi soluzione purché la si faccia finita. Desiderosi solo di tornare a un anno fa, senza capire che gli equilibri sono cambiati per sempre. Tanto non sono nostri i morti a migliaia, le case bombardate e distrutte, i padri, i fratelli, le sorelle, gli amici al fronte, i dolori indicibili sofferti dalla popolazione, le fosse comuni, il terrore quotidiano delle sirene, dei bunker, del buio, del freddo, della fame, del gelo. Gli ucraini avranno fatto tutto questo da soli o se lo saranno in qualche misura meritati. Più forte di ogni altra cosa, l’insopprimibile desiderio di antipatizzare Volodymyr Zelensky, che ha avuto l’ardire non solo di resistere al dittatore russo, ma di non chinare la testa e star zitto. Di non arretrate, di occupare ogni spazio mediatico possibile e immaginabile per la causa del suo popolo. Sta sulle scatole a un sacco di gente, perché non si arrende. Sia chiaro: una via d’uscita diplomatica è obbligatoria e nessuno è così ingenuo da credere che le guerre si chiudano senza parlare con il nemico e senza trovare punti d’incontro. Trasformare l’aggredito in responsabile e dimenticare le sue sofferenze resta, però, disumano e incivile. Di Fulvio Giuliani

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