Quel matto di uno psicologo!
Da qualche anno il numero di persone che si rivolgono ad uno psicologo è aumentato, a dispetto di stereotipi e pregiudizi che resistono all’evoluzione del costume e della società.
Quel matto di uno psicologo!
Da qualche anno il numero di persone che si rivolgono ad uno psicologo è aumentato, a dispetto di stereotipi e pregiudizi che resistono all’evoluzione del costume e della società.
Quel matto di uno psicologo!
Da qualche anno il numero di persone che si rivolgono ad uno psicologo è aumentato, a dispetto di stereotipi e pregiudizi che resistono all’evoluzione del costume e della società.
Da qualche anno il numero di persone che si rivolgono ad uno psicologo è aumentato, a dispetto di stereotipi e pregiudizi che resistono all’evoluzione del costume e della società.
Storicamente il rapporto tra questa disciplina e il nostro Paese è stato in parte sofferto, in parte rivoluzionario.
Basti pensare che è stato necessario attendere il 1978 per superare la rigida logica manicomiale, in tema di “Accertamenti e trattamenti sanitari volontari e obbligatori”, grazie alla
Legge Basaglia (che deve il suo nome allo psichiatra Franco Basaglia, promotore della riforma psichiatrica in Italia).
La legge 180 fu la prima ad imporre la chiusura dei manicomi e che regolamentò il trattamento sanitario obbligatorio, istituendo i servizi di igiene mentale pubblici, facendo diventare l’Italia un Paese all’avanguardia, il primo al mondo ad abolire gli ospedali psichiatrici.
Come citato da Maruska Albertazzi nell’articolo “Il disagio degli adolescenti e una Sanità non adeguata” uscito nel numero de La Ragione del 15 giugno: “(…)in questi mesi di pandemia non solo il numero di ricoveri in neuropsichiatria infantile è aumentato”, ma soprattutto “il nostro sistema sanitario nazionale non ha mai equiparato la cura della salute mentale a quella della salute fisica”.
Un problema diffuso come l’errore di equiparare gli interventi psicologici a quelli psichiatrici.
Superato il fraintendimento tra le due reti della stessa matrice, rimangono i pregiudizi e gli stereotipi citati all’inizio.
Ancora oggi moltissimi italiani temono il giudizio esterno di amici e parenti, difficilmente confidano di rivolgersi ad un terapeuta, perché persiste l’idea che andare dallo psicologo voglia dire essere matti.
E ancora, pochi conoscono misure alternative di associazioni e consultori che offrono servizi di buona qualità a costi accessibili per tutti.
Ancora oggi consideriamo una persona che affronta battaglie fisiche come un ‘eroe’, mentre chi combatte battaglie psicologiche – spesso ignote – come un perdente.
Ce lo ricorda anche Platone “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile. Sempre”.
Occorre quindi non solo prendere coscienza del fatto che andare dallo psicologo sia qualcosa di positivo ed utile al singolo e alla società, ma quanto sia necessario aggiungere un pizzico di sensibilità e di comprensione di fronte alle presunte “stranezze” di un altro essere umano.
Insomma, abbandonare la tentazione di volerci giudicare di fronte alle difficoltà, piuttosto chiederci se dall’altra parte una persona che reputiamo abbia (dal nostro punto di vista) dei comportamenti “strani”, forse non necessiti di maggiore comprensione e vicinanza.
La salute mentale è importante tanto quanto quella fisica, come diceva Giovenale nel I sec. d.C. “Mens sana in corpore sano” e forse nel 2021 sarebbe finalmente il caso di comprenderlo.
di Claudia Burgio
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Tag: La Ragione
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