app-menu Social mobile

Skip to main content
Scarica e leggi gratis su app

Reddito di cittadinanza o lavoro?

Questa mattina, sono sobbalzato leggendo sul Corriere della Sera il sempre ottimo Massimo Gramellini. Può capitare di essere in totale disaccordo.
|

Reddito di cittadinanza o lavoro?

Questa mattina, sono sobbalzato leggendo sul Corriere della Sera il sempre ottimo Massimo Gramellini. Può capitare di essere in totale disaccordo.
|

Reddito di cittadinanza o lavoro?

Questa mattina, sono sobbalzato leggendo sul Corriere della Sera il sempre ottimo Massimo Gramellini. Può capitare di essere in totale disaccordo.
|
|
Questa mattina, sono sobbalzato leggendo sul Corriere della Sera il sempre ottimo Massimo Gramellini. Può capitare di essere in totale disaccordo.
Oggi, scrive di lavoro, accenna a cuochi e camerieri che non si trovano, dei giovani, dei sussidi e dell’assistenzialismo e lo fa come se tutto sia destinato a tornare come prima. Come se la pandemia non ci fosse stata, non avessimo vissuto e per certi aspetti non dovessimo vivere ancora un lungo, gelido inverno. Ancor più sorprendente, come se non avessimo una clamorosa occasione di rinascita. Leggo di giovani che fanno bene a lamentarsi della busta paga troppo bassa, di comprensione per chi preferisca il reddito di cittadinanza al lavoro sottopagato, dei soliti, cattivi capitalisti che non capiscono. Non possiamo permetterci questo approccio. Non possiamo lasciare le cose come erano prima, continuando a non dire le verità (anche scomode) ai giovani. Ripetendo un errore storico. Uno stipendio dignitoso è la base di qualsiasi occupazione. La riduzione del costo del lavoro, appena accennata nel pezzo, dovrebbe essere un’ossessione, non uno stanco deja vu. Eppure siamo sempre lì: in Italia sei brutto, sporco e cattivo se ricordi che il lavoro passa anche dal sacrificio, da una graduale crescita, dalla formazione continua e, perché no, da una salutare ed essenziale gavetta. Questo non ha nulla a che vedere con condizioni di lavoro umilianti e l’incivile pratica del lavoro in nero, magari per mantenersi il sussidio. Una realtà disperante che in troppi fanno finta di non conoscere. Ha a che vedere con l’idea che abbiamo di noi, della nostra dignità, della passione per il futuro. L’idea che il meglio debba ancora venire, a patto di avere la forza di costruirselo, se necessario strappandolo con le unghie e con i denti. Le litanie accarezzano l’Italia dell’assistenzialismo, ma sono un canto delle sirene che attrae verso il passato. di Fulvio Giuliani

La Ragione è anche su WhatsApp. Entra nel nostro canale per non perderti nulla!

Leggi anche

Le multe di uno Stato anti-statale

12 Dicembre 2024
Il 28,4% degli italiani che ricevono multe non le pagano, credendo che lo Stato sappia fare bau-…

Scuola e industria, crisi della stessa Italia

12 Dicembre 2024
I dati sulla qualità della scuola e sulla produzione industriale in Italia, riflettono carenze s…

Il clima e i negazionisti

25 Luglio 2023
Sempre gonfi di retorica, i negazionisti ora hanno trovato un altro terreno fertile: il clima. E …

Spettacolo cinico

08 Aprile 2022
Fare informazione è complesso, ma tra pandemia e invasione russa in questi due anni abbiamo tocca…

Iscriviti alla newsletter de
La Ragione

Il meglio della settimana, scelto dalla redazione: articoli, video e podcast per rimanere sempre informato.

    LEGGI GRATIS La Ragione

    GUARDA i nostri video

    ASCOLTA i nostri podcast

    REGISTRATI / ACCEDI